Bpm contro Bankitalia: una mossa per il controllo dietro al no a più deleghe

ROMA – Ogni socio un voto: succede così nelle banche popolari, anche le più grandi. Si vota per testa, non per azioni. Un sistema che, secondo quanto scrive Salvatore Brigantini sul Corriere della Sera, non la tutela in realtà dai tentativi di farne strumento di un gruppo di controllo, perché questo, in realtà, esiste e resiste comunque. La prova sarebbe, secondo Bragantini, la durata in carica di alcuni presidenti di popolari. Una tale saldezza dei dirigenti bancari sarebbe assicurata dal voto capitario.

Sabato 25 giugno i soci-dipendenti della Bpm, riuniti nell’Associazione Amici della Bpm, hanno respinto l’aumento da tre a cinque delle deleghe che possono essere portate in assemblea da ogni socio: un aumento che era stato chiesto dalla Banca d’Italia.

Dato che i dipendenti non possono avere deleghe, spiega Bragantini, il loro aumento avrebbe incrinato il predominio degli Amici, che mette a rischio la sana e prudente gestione.

E’ stata invece accolta l’altra richiesta di Bankitalia di aumentare il capitale di 1200 milioni, nonostante il crollo in borsa che ha portato il suo valore a 620 milioni.

Il presidente Massimo Ponzellini “gongola”, scrive Bragantini: “via Nazionale imparerà a dar retta agli Amici, sicuri che qualcuno voglia portarsi via la banca con niente, anche se Mediobanca fatica a formare il consorzio di garanzia per l’aumento”.

Dei 1200 milioni di aumento di capitale i 50mila soci di Bpm verseranno solo il 27 per cento delle azioni. L’altro 73 per cento verrà dato dalle istituzioni finanziarie.

Nelle sue Considerazioni finali di un mese fa, l’ex presidente di Banca d’Italia e ora numero uno di Bce Mario Draghi ricordava un mese fa la necessità di una nuova legge per dar modo alle popolari quotate di meglio controllare il cda e aumentare la partecipazione in assemblea, anche aumentando le deleghe. Un’evoluzione rifiutata da sempre dalle popolari, felici dell’allontanamento di Draghi da Via Nazionale. Come lo stesso ministro dell’economia Giulio Tremonti, scrive Bragantini.

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