Caos Mps, crollo in Borsa. Accuse da Bankitalia. E Tremonti critica Draghi

MILANO – Delirio Mps. Il titolo crolla in Borsa travolto dallo scandalo derivati. Dalla banca rassicurano, l’amministratore delegato Fabrizio Viola nega l’ipotesi di una nazionalizzazione e dice che Consob e Bankitalia non erano stati informati. E da Palazzo Koch confermano: “La vera natura di alcune operazioni di Mps è emersa solo di recente”.

L’addio all’Abi di Giuseppe Mussari, ex dirigente di Mps, ha scatenato una tempesta che da Siena è arrivata a Milano, dove a Piazza Affari il titolo ha perso oltre l’8%, con scambi per 963 milioni, quasi il 6% dell’intero capitale.

L’onda lunga è arrivata a Roma, dove a finire nel mirino è stata la Banca d’Italia. Un tweet dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha tirato in ballo l’ex governatore centrale Mario Draghi, reo di non aver mandato alcuna lettera al Monte dei Paschi.

Poco dopo lo stesso a.d. di Mps, Viola, ha detto che Consob e Banca d’Italia non erano state informate dei contratti derivati sottoscritti. La Banca centrale ha confermato:

“La vera natura di alcune operazioni riguardanti il Monte dei Paschi di Siena riportate dalla stampa è emersa solo di recente, a seguito del rinvenimento di documenti tenuti celati all’Autorità di Vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza di Mps. Le operazioni di Mps sono ora all’attenzione sia della Vigilanza sia dell‘Autorità giudiziaria, in piena collaborazione. Gli approfondimenti e le indagini sono coperti da segreto d’ufficio e da segreto istruttorio. Nei mesi scorsi i vertici di Mps sono stati rinnovati” ”I nuovi amministratori stanno cooperando con l’autorità giudiziaria e con la Banca d’Italia per accertare le passate circostanze”.

Poco prima della nota ufficiale di Bankitalia, Monte dei Paschi di Siena ha tentato di rassicurare. In una nota diffusa su richiesta della Consob, la banca ha dichiarato che “Mps ritiene che la banca sia in condizioni di assorbire dal punto di vista patrimoniale le conseguenze delle scelte finanziarie, contabili e gestionali” relative ai derivati delle operazioni Alexandria, Santorini, e Nota Italia.  Mps ha detto anche di poter considerare una rinegoziazione della relativa struttura di funding per migliorarne il rendimento.

Secondo la nota di Monte dei Paschi, le operazioni Alexandria e Santorini ”sono investimenti in Btp a lunga durata” e questi ”non costituiscono strumenti derivati ma operazioni di pronti contro termine su titoli di stato italiani”. Mps conferma che ”l’investimento originariamente effettuato in ‘Santorini’ è stato liquidato nel 2009, mentre quello in ‘Alexandria‘ è stato interamente rimborsato alla Banca durante il mese di dicembre 2012”.

Diversa l’operazione Nota Italia che ”è un investimento effettuato dalla Banca nel 2006 in un prodotto di credito strutturato al quale era associata la vendita da parte della banca di protezione sul rischio sovrano della Repubblica Italiana”.

La banca sostiene di aver recentemente ristrutturato l’investimento eliminando la componente di derivati legata al rischio sovrano Italia e che, a seguito della chiusura del derivato, la parte  rimanente dell’investimento iniziale è classificata tra i Loans and Receivables'”.

Sempre in serata l’a.d. Viola ha escluso una possibile nazionalizzazione della banca, dopo la richiesta di Monti bond per 3,9 miliardi. Ha negato l’esistenza di scalate di terzi ad Mps. E ha descritto i Monti bond come “investimenti finanziari” dello Stato.

”I Monti-bond, ha spiegato Viola, sono delle obbligazioni emesse dalla banca e sottoscritte dallo Stato, che per le loro caratteristiche sono equiparati al capitale. La banca su queste obbligazioni paga un interesse annuo del 9% che si incrementa dello 0,5% ogni due anni. Ovviamente la banca si impegna al rimborso fino all’ultimo euro di questo prestito su un orizzonte temporale a medio termine. Devo dire che in relazione a tutto ciò per lo Stato si tratta di un investimento finanziario e non di una spesa, peraltro un investimento  con un buon rendimento superiore al costo medio che lo Stato paga per il suo debito pubblico”.

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