ROMA – Si chiama Carlo Cottarelli e dal 23 ottobre sarà in carica come commissario alla spending review. “Con l’arrivo nella capitale di Cottarelli la Troika brussellese (Fmi, Bce, Commissione europea) s’è già insediata per dettare la politica economica del governo Letta”, scrive Marco Palombi sul Fatto Quotidiano.
Palombi ricostruisce il legame fra Cottarelli e la Troika:
“il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, una vita in Bankitalia, è stato fortemente voluto da Mario Draghi (e Giorgio Napolitano) proprio per lavorare in stretto raccordo con la Banca centrale europea; Saccomanni ha ora imposto la nomina di Cottarelli, finora a capo del dipartimento Finanza pubblica del Fondo monetario internazionale; il commissario agli Affari economici Olli Rehn va e viene da Roma anche senza invito e abbonda in “pizzini” per il nostro esecutivo. È una troika leggera, ma la sostanza è quella: mettere sotto tutela il duo Letta-Alfano per proseguire sulla strada del rigore”.
Per Saccomanni ogni intervento sul bilancio, per poi tagliare le tasse e sbloccare gli investimenti – parte dalla spending review. Palombi non è d’accordo:
“Può essere che sia come dice lui, ma al momento tutti i tagli di spesa di questi ultimi tre anni anni di manovre – e non sono stati pochi – hanno avuto come obiettivo quello di aumentare l’avanzo primario, cioè trasferire ricchezza da redditi e patrimoni alla rendita di chi acquista titoli di Stato, non certo abbassare il carico fiscale o gli investimenti (che anzi proprio lui ha tagliato per il 2014 di un altro 0,9 per cento, il doppio del governo Monti). Il lavoro di Cottarelli, almeno all’inizio, si muoverà in quel solco: il successore di Enrico Bondi e Piero Giarda dovrà trovare subito nel bilancio pubblico quattro miliardi di euro già messi a bilancio dal vecchio decreto sulla spending review”.
Alla linea tagli e tasse, meglio conosciuta come austerity, Cottarelli ha espresso pure qualche critica. Il cinquantanovenne neo-commissario, laurea in Economia a Siena e specializzazione alla London School of Economics, viene a Roma per
“realizzare una politica sostanzialmente recessiva e dunque in contrasto con le più recenti prese di posizione del Fondo monetario (firmate anche da lui oltre che dal capo economista Olivier Blanchard): in Grecia e Portogallo abbiamo sbagliato, ha ammesso il Fmi, sottovalutando l’effetto del moltiplicatore sui conti pubblici. Banalmente, troppo rigore: se tagli una spesa, tagli anche un reddito e dunque i consumi che quel reddito ingenera, ancor peggio se lo fai in recessione. Non solo: per il Fmi, durante una crisi, la spesa pubblica funziona meglio per rilanciare la crescita dei tagli di tasse (i privati e le imprese tendono a tenersi i soldi in attesa di tempi migliori).
In realtà, la discrasia è solo apparente: tanto Blanchard che Cottarelli hanno comunque appoggiato pubblicamente la mannaia usata da Mario Monti. D’altronde se Saccomanni lo ha voluto al suo fianco è perché lo conosce: Cottarelli, infatti, ha lavorato pure in Banca d’Italia, dal 1981 al 1987, prima di passare un anno nel dipartimento ricerca dell’Eni e infine approdare a Washington, nel palazzo del Fondo monetario internazionale”.
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