ROMA – C’è un’altra “casta” che accumula beni e a cui non piace “sganciare”: è quella dei sindacalisti, come scrive Stefano Zurlo sul Giornale. Il giornalista prende a modello un libro scritto da Stefano Livadiotti dell’Espresso.
Infatti, spiega Zurlo, i sindacati non pagano l’Ici. Eppure gli immobili non mancano loro. Ecco i conti fatti dal giornalsita: “Per capirci la Cgil dice di avere 3mila sedi in giro per l’Italia. È una sorta di autocertificazione perché, altra prerogativa ad personam , i sindacati non sono tenuti a presentare i loro bilanci consolidati. Sfuggono ad un’accurata radiografia e non offrono trasparenza, una merce che invece richiedono puntigliosamente agli imprenditori. Dunque, la Cgil dispone di un albero con 3mila foglie ma la Cisl fa anche meglio: 5mila sedi. Uno sproposito. E la Uil, per quel che se ne sa, ha concentrato le sue proprietà nella pancia di una spa, la Labour Uil, che possiede immobili per 35 milioni di euro”.
I sindacati, sostiene Zurlo, non pagano nulla grazie a una giurisprudenza a loro favorevole: “La legge equipara i sindacati, e in verità pure i partiti, alle Onlus, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.
Inoltre, prosegue il giornalista, “gli immobili del Ventennio sono stati assegnati a Cgil, Cisl Uil, Cisnal (l’attuale Ugl) e Cida (Confederazione dei dirigenti d’azienda). Senza tasse, va da sé, come indica un’altra norma: la 902 del 1977”.
Ma non finisce qua, continua Zurlo, perché “un testo ad hoc , questa volta del 1991, permette alle associazioni riconosciute dal Cnel di poter creare i centri di assistenza fiscale. I mitici Caf. Qui i lavoratori ricevono assistenza prima di compilare la dichiarazione dei redditi. Attenzione: la consulenza è gratuita perché, ancora una volta, è lo Stato a metterci la faccia e ad allungare la mano. Per ogni pratica compilata lo Stato versa un compenso. È un business che vale (secondo dati del 2007) 330 milioni di euro”.
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