Cattaneo: Terna con Snam, quotate e indipendenti. E i risparmi sognati?

Pubblicato il 27 Aprile 2012 - 22:04 OLTRE 6 MESI FA

Nelle grandi manovre del potere pubblico, Flavio Cattaneo continua a tessere la sua tela per trasformare la sua  Terna in un colosso nazionale nel campo della distribuzione di energia, allargandosi dalla corrente elettrica al gas. L’operazione ha una logica: entrambe le aziende operano, almeno in Italia, in regime di semi monopolio e questo le rende delle mucche da cassa. Il gioco è grosso e la sensibilità molto elevata perché la partita non sa si gioca nel mercato, ma nelle stanze del potere, dove gli specchi fanno spesso giochi incomprensibili al mondo.

Le prime notizie uscirono un mese fa e fecero un certo rumore, anche perché Terna è molto più piccola di Snam e anche perché, su un altro tavolo, da molti mesi, si gioca un’altra partita, quella della spaccatura del colosso Eni, da lunga data ossessione degli investitori stranieri, e soprattutto dei tempi e dei modi della sua esecuzione. Non c’è solo un gioco di potere, sotto tutto questo, ma anche colossali interessi economici.

Una nuova puntata s è aggiunta in questi giorni. La Repubblica, con un articolo di Luca Pagni, ha riferito, sotto il titolo “Terna insiste su Snam pronti 3,5 miliardi per il 28%”, di un “piano illustrato al Governo” da parte di Cattaneo per l’acquisto di Snam parte con mezzi propri e parte con debito, per poi terminare il processo con una fusione delle due società.

Scrive Pagni che Terna “non si arrende alle indiscrezioni che vogliono il governo vicino alla soluzione con Eni per la vendita della controllata Snam (ne possiede il 52%). E rilancia un suo piano alternativo che sarebbe all’attenzione del Governo”. Si tratta, scrive Pagni, di un derby tutto interno alle partecipazioni del Tesoro e che ruota attorno alla Cassa Depositi Prestiti: la società che gestisce il risparmio postale è socio di maggioranza sia di Eni (26% del capitale), sia di Terna (29% delle quote). E sempre la Cdp è il perno della proposta che, secondo indiscrezioni, è la preferita del ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera”. Si tratta di una “complessa operazione”: Terna pagherebbe cash 3,5 miliardi la sua quota di Snam, usando risorse proprie per 2 miliardi e per il resto facendo ricorso al debito.

Qui si entra in detttagli dei quali Pagni sembra molto bene briffato, come direbbe Nicole Minetti: “Secondo il piano non ci sarà aumento di capitale come sostengono alcuni analisti, ma due alternative per recuperare i fondi necessari: monetizzare i flussi finanziari legati alla gestione della rete elettrica o mettere una parte delle stessa rete in una società da quotare o aprire a terzi”.

Snam, spiega ancora Pagni, resterebbe autonoma pur finendo “sotto il controllo di Terna (con sinergie per 100 milioni annui) che prenderebbe il nome di Holding di Reti”. Insomma un impero federale, quello previsto da Cattaneo, dove ognuno comanda a casa sua e dove appare difficile assai la realizzazione di tanto significative sinergie, in presenza di due società autonome e entrambe quotate.

Si tratta però di “un’ipotesi che, secondo altre fonti, potrebbe ostacolare il progetto di creazione di un gruppo europeo leader nella gestione dei gasdotti su cui sta lavorando da qualche anno il management di Snam”.

Poi uno spicchio di saggezza cosmica: “La decisione finale del governo lascerà inevitabilmentequalche scontento”.

Anche il Sole 24 Ore riferisce con molti particolari del piano di Cattaneo: “Il progetto prevede la costituzione di una holding italiana delle reti”. Più o meno sono le stesse cose: la holding e non una unica azienda, i fantasmagorici 100 milioni di risparmio, che per il Sole 24 Ore salgono a 110.

Gli autori, Cheo Condina e Carlo Festa, riferiscono che siamo alla “stretta finale sull’uscita di Eni dal capitale della Snam. Nei giorni scorsi è arrivato sul tavolo del Governo, e in particolare dei ministeri del Tesoro e dello Sviluppo Economico, il progetto dettagliato”, n tutto 18 pagine. Mentre Repubblica appare più prudente, Condina e Festa non hanno dubbi sul “favore di mercato e analisti” verso il progetto, “che prevede l’integrazione con Terna, uno schema chiaramente alternativo a quello che vedrebbe come protagonista e acquirente la Cassa Depositi e Prestiti.

Il tutto si svolgerà in te fasi: l’acquisizione del 28,3% di Snam da parte di Terna per 3,5 miliardi, il collocamento della quota residua di Eni (25% circa) sul mercato e infine l’eventuale cambiamento di denominazione della stessa Terna in Holding di Reti.

Secondo il Sole 24 Ore, ci sono almeno sette punti di vantaggio in questo piano rispetto all’intervento di Cdp: “la sostanziale eliminazione dell’impegno finanziario per lo Stato, la semplicità dell’operazione e il drastico accorciamento dei tempi (tre mesi), la generazione di valore per Terna (stimata in 1 miliardo a livello di capitalizzazione di Borsa) e di sinergie annue fino a 110 milioni, l’assenza di vincoli Antitrust e il minore impatto sulle quotazioni Snam. Inoltre, l’operazione darebbe vita – si legge nel documento – a un leader europeo delle reti, forte di un mol da 3,7 miliardi e 18,2 miliardi di capitalizzazione, seconilanciodo al mondo dietro l’inglese National Grid. Ciò mentre Snam, oltre che più difficilmente scalabile dall’estero, resterà autonoma dal punto di vista societario, quotata in Borsa e con tutte le opzioni strategiche aperte (per esempio come hub del gas del Mediterraneo)”.

C’è un particolare, nelle utlime righe, riferite alla assemblea di bilancio della Snam, che fa riflettere. Carlo Malacarne, amministratore delegato della Snam, “non ha esitato a definire come una operazione che «avrebbe un senso industriale» la possibile acquisizione dell’89% di Tag (la Trans Austria Gasleitung), ora in mano alla Cdp”. In America le chiamano “poison pills”.