C’è la crisi, chiudono più negozi

In un anno in cui di crisi economica internazionale hanno sofferto professionisti, lavoratori autonomi e complessivamente tutto il sistema industriale.

E come stanno i negozi di vendita al dettaglio? Secondo un’indagine condotta dal centro studi di Confcommercio, sia nel 2008 che nel 2009 le chiusure hanno ampiamente superato le nuove aperture (alla fine di quest’anno i negozi chiusi dovrebbero superare i 100 mila, le aperture sono state 65 mila con un saldo negativo di 35 mila).

Malgrado il sistema di rotazione in Italia sia stato sempre molto alto, è evidente che in questo biennio abbia subito una forte accelerazione. Il malessere colpisce l’industria italiana nel suo complesso, al punto che le imprese in perdita, che nel nel 2007 erano pari al 20%, nel 2008 sono raddoppiate toccando quota 41,2%.

Però, considerando il fatturato medio per settore di attività economica, si nota come la crisi abbia colpito nel 2008 maggiormente il commercio all’ingrosso (- 9,1%) che include anche una quota di attività di import-export, mentre il commercio al dettaglio ha avuto un impatto meno negativo (addirittura un più 0,3% di fatturato medio rispetto all’anno precedente).

Attenzione però, l’anno prossimo il commercio all’ingrosso, che finora è stato più penalizzato dalla crisi, dovrebbe ripartire trascinato dall’export e dalla crescita dei grandi mercati internazionali, mentre assisteremo a una penalizzazione del commercio al dettaglio che per risalire avrà bisogno di una ripresa dei consumi interni.

La radiografia effettuata da Confcommercio ci dice che da due anni centri storici e prime periferie vedono moltiplicarsi le vetrine vuote con la scritta affittasi. Per un negozio che apre ce ne sono due che chiudono. Chi resta stringe i denti senza neanche poter attuare una politica dei prezzi riducendo i margini come fa la grande distribuzione sfruttando l’economia di scala. Ai piccoli serve un clima di fiducia e una maggiore disponibilità economica delle famiglie.

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