Cibo low-cost anticrisi: pistacchi con muffa, pomodori ai pesticidi: cosa mangi?

Cibo low-cost anticrisi: pistacchi con muffa, pomodori ai pesticidi: cosa mangi?
Cibo low-cost anticrisi: pistacchi con muffa, pomodori ai pesticidi: cosa mangi? (Foto LaPresse)

ROMA – Abbigliamento, calzature, vacanze e ora anche il cibo: le famiglie scelgono il cibo low cost per risparmiare in tempo di crisi. Ecco che i pistacchi dall’Anatolia portano in tavola muffe, i pomodori cinesi i pesticidi. Il succo d’arancia brasiliano sarà sì meno costoso, ma contiene anti parassitari vietati in Europa e in Italia perché velenosi per l’uomo. E poi aumentano contraffazioni dei marchi del cibo e la qualità diminuisce ulteriormente “causa-crisi”, con l’effetto di non sapere mai quale sia la qualità di ciò che portiamo nel nostro piatto e sulle nostre tavole.

Nel 2007 erano il 51,5% le famiglie che avevano ridotto la quantità e qualità dei prodotti alimentari in italia. Un numero che nel 2011 è aumentato al 53,6%, per poi schizzare al 62,27 nel 2012. Questo lo scenario evidenziato dai dati Istat elaborati dalla Fondazione David Hume per La Stampa. E se le famiglie che puntano al risparmio sul cibo sono cresciute del 9% in un anno, aumentano anche le famiglie che spostano i loro acquisti nei discount. Nel 2007 erano il 9,7%, passando al 10,5% del 2011 fino al 12,25% del 2012.

D’altronde la recessione che cresce e la disoccupazione che in Italia tocca il livello record, costringono sei famiglie su dieci a risparmiare sulla spesa. Ma il rovescio della medaglia è che sempre più spesso non si sa cosa si porta in tavola, con un aumento del 26% di allerta per prodotti alimentari pericolosi, cibi che vengono specialmente da fuori l’Unione Europea, come spiega Marco Zatterin su la Stampa:

“Il campionario di cibi sospetti e contraffatti che popolano gli scaffali di negozi e supermercati anima un vero circo degli orrori, almeno dal punto di vista di un Paese come il nostro, dove la tradizione della cucina e della qualità è più diffusa dell’instabilità politica e dello scontro fra campanili. La Coldiretti li ha esposti in bella parata a Bruxelles, per denunciare un fenomeno che danneggia la digestione degli italiani e il business della forchetta nazionale. L’80% dei prodotti ritenuti a rischio viene da fuori i confini dell’Ue, il che almeno spiega a cosa serve l’integrazione comunitaria. Destinazioni di partenza più comuni Cina, India e Turchia. C’è un problema di tutela, di informazione e di protezione dei marchi”.

Nei pistacchi e nelle nocciole che vengono dall’Anatolia, giungono anche a noi muffe e tossine. Riso e miele invece portano contaminazioni di organismi geneticamente modificati dalla Cina, organismi che in Italia e in Ue non sono autorizzati. E più il prezzo è basso, più aumenta il rischio:

“I pomodori cinesi costano molto meno dei nostri e nel 2012 ne abbiamo importate 85 milioni di tonnellate. L’Efsa, l’agenzia Ue per la sicurezza alimentare, ha riscontrato nel 41% dei casi la presenza di pesticidi. L’aglio argentino ha presentato residui chimici nel 25% dei campioni. Il pepe indiano è irregolare una volta su due e persino le pere slovene sono state trattate con prodotti fuorilegge una volta su quattro. È roba che più probabilmente finisce nei sughi e nelle confezione a prezzo stracciato. Come il succo di arancia: per la maggior parte proveniente dal Brasile, Paese messo al bando dagli Usa perché negli agrumi erano presenti residui di antiparassitari vietati”.

Sergio Marini, presidente di Coldiretti, chiede all’Europa di investire nell’agricoltura e di premiare chi produce in modo sostenibile, con la richiesta di una nuova Pac, politica agricola comune:

“Non si può pensare, come inizialmente aveva fatto la Commissione, solo a un contributo per ettaro: bisogna controllare meglio quali aziende si sostengono”. Battaglia giusta, ma complessa. Basta pensare alla riforma dell’oliera monouso bloccata dalla Commissione su spinta dei Paesi nordici che badano alla quantità più che alla qualità.

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