Cina sorpassa Usa: ma quello del Pil è solo un primato a metà

NEW YORK – Il sorpasso della Cina sugli Stati Uniti nel 2014, per quanto riguarda il Prodotto interno lordo (Pil) a parità di potere d’acquisto è un evento economico epocale ma si tratta di un sorpasso a metà.

Epocale perché era dal 1872 che gli Usa, che in quell’anno superarono la Gran Bretagna, detenevano il primato del “fatturato”, della ricchezza prodotta da una singola nazione che identifichiamo come Pil. Ma è ancora presto per parlare della fine di un’era, quella del dollaro.

Innanzitutto perché si parla ancora di stime, anche se si tratta di quelle autorevoli dell’International Comparison Program della Banca Mondiale (pdf completo del rapporto). Stime in cui gli ultimi dati ufficiali sono del 2011 e dicono che il Pil cinese era arrivato all’87% di quello americano. Nel 2005, anno dell’ultimo rapporto dell’Icp, era al 43%. Partendo da questo progresso e dal fatto che dal 2011 al 2014 la Cina è cresciuta del 24% mentre gli Usa del 7,6%, gli economisti hanno rivisto le loro previsioni, che portavano comunque a un sorpasso cinese, ma nel 2019. Il primato cinese dovrebbe arrivare così in anticipo di cinque anni.

Export e recessione. Dovrebbe perché bisogna considerare anche l’impatto sul modello di sviluppo cinese (export massiccio di beni a basso costo) della recessione in Europa e nelle economie occidentali in genere. Se nel decennio 1998-2008 il Pil cinese è cresciuto a ritmi sopra il 10% annuo, nel 2013 le stime parlano di un +7,7% che dovrebbe diventare +7,4% quest’anno. Insomma, se europei e americani hanno pochi soldi per comprare, i cinesi non hanno clienti a cui vendere. Anzi, secondo Prasenjit Basu del Financial Times, la crisi sta per arrivare anche in Cina e la domanda non è se arriverà ma quanto grande sarà.

Il “generale inverno”. Un altro dato che riduce gli entusiasmi o i catastrofismi è il falso allarme sulla “crescita zero” negli Stati Uniti, uno dei fattori che dovrebbero portare quest’anno alla fine del primato americano. Lo 0,1% di aumento del Pil Usa nei primi tre mesi del 2014 è dovuto all’inverno più freddo di sempre, roba che a fine aprile a New York facevano ancora 7 gradi. Questo rende solo momentanea la paralisi della produzione di ricchezza perché dal crollo finanziario del 2008 l’economia statunitense non ha mai smesso di crescere, come spiega Massimo Gaggi sul Corriere della Sera:

Con la bella stagione, assicurano gli economisti, tornerà anche la crescita, anche se probabilmente il 2014 non sarà brillante come l’anno scorso: soprattutto il secondo semestre 2013 quando l’America è cresciuta al ritmo del 3,5 per cento. Quella che qui negli Stati Uniti non riusciamo ancora a metterci alle spalle, è stata la stagione fredda peggiore della storia: l’inverno più freddo dall’Ottocento a oggi, cioè da sempre. La meteorologia spiega gran parte della frenata dell’attività produttiva e della produzione di reddito: cantieri edilizi fermi, trasporto aereo spesso paralizzato (a New York ha nevicato sedici volte, altro record), concessionari che hanno venduto molte meno automobili del solito. Per questo il Pil si è fermato.

Il vero primato resta Usa. Resta poi il fatto che la cifra del Pil non consacra un vero primato perché non tiene conto della ricchezza “pro-capite”, delle condizioni di lavoro, di benessere e del rispetto dell’ambiente. Quindi una Cina con 1,351 miliardi di abitanti avrà anche un Prodotto interno lordo di poco superiore a quello di un’America con 314 milioni di abitanti, ma con i suoi 9.040 dollari pro-capite è ancora lontana anni luce dai 52.610 dollari di Pil pro-capite degli Usa (dati PPP, a parità di potere d’acquisto).

Ma non puoi nemmeno comparare le condizioni di lavoro quando non solo tra salari americani e cinesi c’è un abisso, ma in Asia si fanno turni massacranti, non c’è sicurezza per gli operai né tutela dell’ambiente. Così come non puoi dare lo stesso valore a un taglio di capelli pagato pochi spiccioli fatto magari in una piazza del mercato di una città asiatica usando un rasoio che non è stato disinfettato e quello di un barbiere americano o italiano che si fa pagare decine di dollari o euro ma garantisce ben altra qualità, confort e sicurezza. A parte il valore reale di quello che si produce e la sostenibilità anche ambientale di certi modelli di sviluppo (basti pensare allo smog che soffoca, ormai, buona parte della Cina), c’è poi da considerare quello che è il reale benessere delle popolazioni, il tenore di vita nei vari Paesi. […] Insomma, prima di scalzare davvero gli Usa, che restano leader indiscussi nella ricerca e la tecnologia, dovrà ancora passare molta acqua sotto i ponti.

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