ROMA – Nuova giornata nera per i mercati asiatici. Con pesanti ripercussioni sui listini occidentali. Ecco, la variabili che alimentano la tempesta perfetta estiva che parte dalla Cina.
Pil Dragone. Per anni il Pil dell’ex Cina Popolare ha corso a due cifre finché quest’anno si è fermato a un +7%. Ma gli analisti sospettano che il dato dell’ufficio nazionale di Statistica non sia corretto e i cinesi nascondano la verità sul reale stato di salute della loro economia. A confermare i sospetti, all’inizio di agosto l’indice manifatturiero cinese (il China Manufacturing Purchasing Managers, pubblicato dalla rivista Caixin) è sceso 47,1 ai minimi da due anni, un dato che conferma una contrazione dell’economia (sopra 50 l’economia cresce, sotto cala). Secondo l’agenzia Moody’s il rallentamento dell’economia cinese proseguirà con un Pil del 6,8% per quest’anno, un 6,5% per il 2016 e un 6% atteso per fine decennio.
Svalutazione yuan. Per sostenere l’economia il governo cinese è intervenuto con una mossa classica, svalutare la moneta nazionale per spingere i prodotti cinesi sui mercati esteri. Di fatto, a sorpresa nel giro di poco tempo, la Banca Centrale Cinese ha svalutato per tre volte lo yuan mettendo in allarme i mercati mondiali. Ora la People’s Bank of China ha fissato la parita’ del cambio con il dollaro a 6,3975. Il rischio è che si apra una guerra delle valute.
Incertezza tassi Usa. La decisione a sorpresa della Banca Centrale Europea sullo yuan ha messo in stand-by la Fed da cui si aspettava per il prossimo mese un rialzo dei tassi e quindi un rafforzamento del dollaro. L’incertezza della banca centrale americana (la Fed) crea nervosismo e condiziona le decisioni della Bce che attendeva una mossa dalla Yellen per calibrare la sua politica monetaria.
Petrolio ai minimi. Premesso che in Italia la benzina non scende come dovrebbe, il prezzo del petrolio sta affondando. Oggi è arrivato ai livelli più bassi dal 2009. Dopo il crollo di venerdì a New York, l’oro nero è sceso sotto i 40 dollari al barile, il tonfo si è replicato questa mattina a Londra con il Brent sceso sotto i 45 dollari al barile, per la prima volta al 2009. A pesare è la scelta dell’Iran di aumentare la produzione di petrolio nonostante il surplus. La decisione di Theran è determinata dalla volontà di mantenere le proprie quote di mercato. Con il petrolio stanno crollando anche i prezzi delle materie prime. Oro escluso, che con un valore di 1.158 dollari a oncia conferma nella tempesta il proprio ruolo di bene rifugio, isola esentasse di tutti i Paperoni previdenti.
Grecia. Con il sì dell’Eurogruppo del terzo piano di salvataggio sembrava di essere usciti dal dramma greco. Ma gli Dei sono invidiosi e gli Achei preparano sempre regali pericolosi. Le dimissioni di Tsipras e la necessità di formare un nuovo governo rischiano di rimettere un’altra volta tutto in discussione. Fiato sospeso sugli spread che finora hanno retto meglio delle borse. Secondo gli esperti la mossa di Tsipras potrebbe essere stata giusta e il giovane leader di Syriza può uscire rafforzato dalle nuove elezioni. Un solo obbligo: fare in fretta.