ROMA – Dalla stalla allo scaffale del supermercato, il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte, con un ricarico del 328 per cento. Il rialzo è esploso nell’ultimo anno per il taglio del 20% nel compenso riconosciuto agli allevatori mentre il prezzo al consumo addirittura aumenta. E’ quanto emerge dal dossier “L’attacco alle stalle italiane” presentato dalla Coldiretti in occasione della manifestazione di maximungitura organizzata nelle piazze italiane.
Sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Ismea, il latte viene pagato agli allevatori in media 0,35 centesimi al litro, con un calo di oltre il 20% rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, di qualche centesimo superiore allo scorso anno. In altre parole – spiega la Coldiretti – gli allevatori devono vendere tre litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar, mentre quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette.
Ma soprattutto il prezzo riconosciuto agli allevatori – sottolinea Coldiretti – non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali e sta portando alla chiusura di una media di 4 stalle al giorno con effetti sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla sicurezza alimentare degli italiani.
Un’accelerazione favorita – conclude Coldiretti – anche dall’embargo deciso dalla Russia ai prodotti agroalimentari europei che “oltre a penalizzare direttamente le esportazioni dei formaggi tipici Made in Italy, sta facendo arrivare in Italia il latte che gli altri Paesi Europei prima esportavano nel paese di Putin”. Inoltre la fine del regime delle quote e il ritorno del libero mercato a livello Ue potrebbe aumentare l’import e mettere in ginocchio un settore che in 12 anni ha perso già 31 mila stalle (6 mila negli ultimi 5).
Oltretutto questo è l’ultimo anno del regime delle quote latte: esiste ancora il rischio nuove multe per il superamento da parte dell’Italia del livello di produzione assegnato dall’Ue.
Rischio concreto, dal momento che stando ai dati Agea, tra aprile e novembre si è registrato un aumento del 3,37% rispetto lo scorso anno. La questione quote latte – ricorda Coldiretti – è iniziata 30 anni fa nel 1983, con l’assegnazione ad ogni Stato membro dell’Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori. “All’Italia – aggiunge Coldiretti – fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte”.
Con la fine del regime delle quote latte è prevedibile un aumento della produzione lattiera italiana e comunitaria che potrebbe aumentare del 5 per cento, secondo le stime della Coldiretti, “con il rischio di ripercussioni negative sui prezzi del latte alla stalla”.
“Occorre intervenire a livello comunitario e nazionale per preparare con strumenti adeguati un atterraggio morbido all’uscita del sistema delle quote“, afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, che sottolinea come “è importante che le risorse previste dal ‘Fondo latte di qualità’ vadano agli allevatori”.