Un recente studio condotto dall’Università del Michigan ha portato alla luce un metodo efficace per affrontare il problema degli sprechi alimentari globali, una questione che affligge il nostro pianeta da decenni. Questa ricerca non solo suggerisce che un migliore accesso alla catena del freddo potrebbe ridurre drasticamente le perdite di cibo, ma evidenzia anche come questo miglioramento possa avere un impatto significativo sulle emissioni di gas serra.
Attualmente, circa un terzo degli alimenti prodotti nel mondo viene sprecato. Questa cifra è impressionante e preoccupante, considerando che 800 milioni di persone soffrono la fame e circa 9 milioni non sopravvivono alla mancanza di cibo. Non è solo una questione di risorse sprecate, ma anche di impatto ambientale: le perdite alimentari contribuiscono per circa l’8% alle emissioni globali di gas serra, aggravando ulteriormente la crisi climatica.
Pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters, lo studio dell’Università del Michigan ha sviluppato uno strumento di stima delle perdite alimentari che valuta l’effetto di un migliore accesso alla catena del freddo su sette tipi di alimenti (cereali, pesce e frutti di mare, frutta e verdura, carne, latticini, semi oleosi e legumi, radici e tuberi) in sette diverse regioni del mondo (Europa, Asia industrializzata, America Latina, Nord Africa e Asia centrale, Nord America e Oceania, Asia meridionale e sud-orientale, e Africa subsahariana).
Secondo i ricercatori, una catena del freddo inefficiente, che non garantisce un ambiente costantemente refrigerato per i prodotti deperibili, è responsabile di perdite alimentari che possono arrivare a 620 milioni di tonnellate all’anno. Questo significa che un miglioramento nella catena del freddo potrebbe avere un impatto significativo nel ridurre lo spreco alimentare.
I risultati dello studio indicano che quasi la metà dello spreco alimentare, ovvero circa 620 milioni di tonnellate, potrebbe essere eliminata attraverso l’implementazione di catene di fornitura alimentare completamente refrigerate a livello globale. Questa ottimizzazione potrebbe anche ridurre le emissioni di gas serra associate allo spreco alimentare del 41% su scala mondiale.
Le regioni meno industrializzate, come l’Asia meridionale e sud-orientale, registrano le maggiori perdite alimentari in termini assoluti ma le più basse perdite pro capite. In queste aree, una catena del freddo ottimizzata potrebbe ridurre le perdite alimentari del 45% e le emissioni del 54%. L’Africa subsahariana, che presenta sia le maggiori perdite alimentari che le più alte emissioni per capita, potrebbe beneficiare di una riduzione del 47% nelle perdite alimentari e del 66% nelle emissioni con una refrigerazione migliorata.
Uno degli aspetti più interessanti emersi dallo studio riguarda il tipo di cibo. Sebbene la carne rappresenti solo il 10% dello spreco alimentare globale, essa è responsabile di oltre il 50% delle emissioni di gas serra correlate allo spreco alimentare. Questo dato sottolinea l’importanza di gestire meglio le risorse alimentari animali per ridurre l’impatto ambientale.
Un’altra interessante scoperta è che i sistemi alimentari iperlocalizzati e gestiti in modo virtuoso possono essere ancora più efficaci delle catene del freddo globali ottimizzate nel ridurre lo spreco alimentare. Ciò significa che concentrarsi sulla creazione di reti efficienti per la catena del freddo a livello locale può portare a significative riduzioni nelle perdite alimentari e nelle emissioni di gas serra.
Gli autori dello studio sottolineano che il loro strumento di stima delle perdite alimentari è utile per tutti gli attori della filiera alimentare, inclusi agricoltori, fornitori di prodotti alimentari e rivenditori. Questo strumento può aiutare a identificare e correggere le falle nei sistemi di refrigerazione, ottimizzando così la catena del freddo. Anche i governi e le organizzazioni non governative possono utilizzare questo modello per tracciare e ridurre le perdite alimentari, contribuendo a mitigare la fame e il cambiamento climatico.
È importante notare che lo studio si concentra sulle emissioni associate allo spreco alimentare, ma non prende in considerazione le emissioni che deriverebbero dalle operazioni di una rete di catena del freddo potenziata. Inoltre, i ricercatori non sono ancora certi di come un sistema di refrigerazione migliorato influirà sulla qualità nutrizionale del cibo. Tuttavia, l’obiettivo è garantire che le catene del freddo siano migliorate e gestite in modo sostenibile, bilanciando la riduzione delle perdite alimentari con un impatto minimo sull’ambiente.
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