Processo all’Imu: eliminarla è impossibile, ma cambiarla sì. Ecco come

Imu, le modifiche possibili: ridefinire il concetto di prima casa; lasciare tutto il gettito ai Comuni; ridefinire il valore catastale degli immobili aiutandosi con i dati in possesso all’Agenzia del Territorio; provare a ridurre l’aliquota sugli immobili in uso alle imprese; scontare l’Imu a chi affitta a canone concordato; ridurre la tassazione sull’acquisto di case o agevolare l’accesso al credito per gli acquirenti.

ROMA – Imu: toglierla non si può ma cambiarla sì. Il Sole 24 Ore fa un vero e proprio “processo all’Imu”, analizzando i punti più contestati della tassa reintrodotta dal governo Monti sulle ceneri della vecchia Ici che era stata abolita dal governo Berlusconi. All’orizzonte ci sono due scadenze: il 31 ottobre, data entro la quale i Comuni possono modificare (leggi: aumentare) le aliquote Imu; e il 17 dicembre, giorno entro il quale dovrà essere pagata l’ultima rata dell’Imu. Sarà una mazzata che potrebbe guastare il Natale a molti italiani, visto che su questa rata peseranno le aliquote comunali, quasi dovunque più alte di quelle dello Stato.

L’Imu sul banco degli imputati, quindi. Questi, secondo Cristiano Dall’Oste e Giovanni Parente, i capi d’imputazione:

Primo capo d’accusa: non è giusto pagare l’Imu sull’abitazione principale. Secondo: le rendite catastali sono vecchie e superate. Terzo: il prelievo sui capannoni aumenterà del 60% rispetto all’Ici e quello sui negozi raddoppierà. E via di seguito con le “imputazioni” all’imposta municipale introdotta dal Governo con la manovra salva-Italia. 

Un altro fattore che fa dell‘Imu la tassa “più odiata dagli italiani”, è che calcolare quanto pagare e pagarla non è facile. L’Imu è un “sudoku fiscale”, come spiega Gianni Trovati:

Allora: si calcola l’imposta prima con l’aliquota standard e poi con quella decisa dal Comune, a ognuno dei due valori si sottrae metà di quanto pagato a giugno, e il doppio conguaglio si versa in parte allo Stato (quello calcolato ad aliquota standard) e in parte al Comune (quello basato sulla delibera locale). Naturalmente, tutti i passaggi vanno ripetuti per ogni immobile, stando bene attenti alle regole differenti che i sindaci possono aver stabilito per ogni categoria. I problemi dell’Imu sono riassunti in modo efficace da questo sudoku fiscale che attende a dicembre tutti i proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale (ma è sufficiente anche avere oltre alla casa due cantine o due garage, uno dei quali deve essere escluso dalle pertinenze della propria casa). La causa del rompicapo, e di gran parte del conto salato che l’Imu presenterà soprattutto a imprese, negozi e case in affitto, è la sua natura ibrida: se con la stessa imposta bisogna sostenere due bilanci, quello statale e quello comunale, è inevitabile che gli importi si moltiplichino e la procedura si complichi. E se a settembre inoltrato i dati sul gettito locale sono ancora avvolti nella nebbia, il problema si aggrava perché molti Comuni stanno spingendo le aliquote al rialzo (c’è tempo fino alla fine di ottobre) anche per la paura di sorprese sulle entrate definitive.

L’Imu è odiosa, ma porta nelle casse dello Stato un gettito di 20 miliardi, secondo il Sole 24 Ore. In questo momento rinunciarci è impossibile, ma modificare qualcosa prima delle elezioni è doveroso. Il Sole ha individuato dei punti chiave, sui quali ha consultato quattro esperti: Luca Antonini (Copaff), Angelo Cremonese (Luiss), Raffaello Lupi (Tor Vergata), Alberto Zanardi (Università di Bologna). Poi ha distinto la necessità delle modifiche sui singoli punti in bassa, media e alta.

La prima casa. Il 70% delle famiglie italiane vive in una casa di proprietà: come si può modulare l’Imu in modo da non penalizzare le famiglie a basso reddito? Si devono cambiare le cose nella direzione di una maggiore equità, se è vero che un quarto del patrimonio residenziale nel nostro Paese è in mano al 5% dei proprietari. Bisogna agire con le detrazioni, legandole al reddito. Bisogna definire meglio il concetto di “prima casa”. Ora chi vive in affitto in una città risultando residente in un’altra, è proprietario di un solo immobile ma su quello paga l’Imu come fosse una “seconda casa”. Altro caso da risolvere è quello delle case intestate dai genitori ai figli: con l’Imu vengono considerate “abitazione principale”: così su un immobile con una rendita catastale di 450 euro si rischia di pagare da 500 a 700 euro in più. Per il Sole 24 Ore la necessità di queste modifiche è “media”.

Stato e Comuni. Il gettito della tassa attualmente è diviso fra Stato e Comuni. Una ripartizione che spinge i sindaci ad alzare le aliquote. Non si potrebbe lasciare il gettito dell’Imu solo ai Comuni, incentivandoli allo stesso tempo a ridurre o modulare meglio il prelievo sui contribuenti? L’Imu, come dice lo stesso nome, è un’imposta per natura municipale, quindi il fatto che in questo momento sia erariale, ovvero che finisca allo Stato, è solo un incidente di percorso dettato da un’emergenza contabile. Si tratta di una tassa che finisce allo Stato che poi deve rifinanziare i Comuni con i trasferimenti. Bisognerebbe quindi devolverla tutta ai Comuni, evitando però che i Comuni con immobili affittati, seconde case e grandi aree commerciali siano troppo premiati rispetto agli altri. Per il Sole 24 Ore la necessità di modifiche su questo aspetto è “alta”.

Il catasto da rifare. Il valore catastale non riflette fedelmente il reale valore dell’immobile tassato. Questo perché il catasto va riformato radicalmente, ma ci vorranno dai tre ai cinque anni. Cosa si può fare nel frattempo? Le rendite catastali sono state fissate venti anni fa e in due decenni il prezzo di mercato spesso si è allontanato da quelle stime. Intanto la proposta è di rettificare le situazioni più squilibrate usando i dati in possesso dell’Agenzia del territorio, magari permettendo ai singoli proprietari che ritengono di pagare molta più Imu di quanto non dica il prezzo di mercato di dimostrarlo documenti alla mano e di ottenere una riduzione dell’Imu. Chi paga troppo però dovrebbe usufruire di una procedura agevolata. Secondo il Sole 24 Ore la necessità di questa modifica è “media”.

Immobili d’impresa. Le imprese, già in grandissime difficoltà perché le banche negano loro l’accesso al credito mentre la liquidità viene rosicchiata dal ritardo nei pagamenti da parte di fornitori e pubblica amministrazione, sono penalizzate dall’aliquota Imu sugli immobili “strumentali” usati dalle imprese per la propria attività. Basterebbe rendere l’Imu deducibile, per liberare le aziende da questa zavorra fiscale. Ma si porrebbe un problema di gettito. Qui si pone un problema politico: scegliere fra l’introito sicuro dell’Imu e la detassazione come incentivo alle imprese. Ma per il Sole 24 Ore, che su questo punto si esprime da quell’organo di Confindustria che è, la necessità di questa modifica è “alta”.

Compravendite e proprietà. In una fase di depressione del mercato degli immobili, l’Imu alza la tassazione sul possesso di case ma non riduce il prelievo sull’acquisto. Si può utilizzare la leva fiscale per riequilibrare questa situazione? Se non è possibile ridurre la tassa sull’acquisto di immobili, si deve, per rilanciare il mercato, almeno agevolare l’accesso al credito da parte di chi vuole comprare casa. Per il Sole 24 Ore la necessità di queste correzioni è “bassa”.

Case affittate e seconde case. L’Imu assorbe l’Irpef sui redditi fondiari delle case o degli immobili sfitti. Questo è un regalo ai possessori di case sfitte e penalizza quei proprietari di immobili che sono in affitto, per i quali il decreto sul fisco municipale dimezzava il prelievo. Un errore che va corretto aumentando la tassazione sulle case a disposizione o diminuendola sugli affitti. O perlomeno vanno applicati degli sconti sui contratti d’affitto a canone concordato. Per il “Sole” questa la necessità di questa modifica è “media”.

Comments are closed.

Gestione cookie