Commessi e estetiste non possono essere precari. Grafici e redattori sì

ROMA – Se sei un creativo rassegnati a una vita di stenti e di precarietà. L’unico contratto a cui potrai aspirare è un co.co.pro. Sembra essere questo il senso di un provvedimento emanato lo scorso dicembre dal Ministero del Lavoro, che stila una black list di lavori per i quali è vietata l’attivazione di contratti atipici. La lista, riportata da Maurizio Di Lucchio sul blog del Corriere “La nuvola del lavoro” è consultabile sul sito del ministero.

Scorrendola si scopre che commessi, estetiste, muratori e autotrasportatori possono ben sperare di ottenere un contratto di lavoro dipendente. Ma per i lavoratori intellettuali, niente da fare. E tanti cari saluti ad Aspi e mini-Aspi in caso di disoccupazione.

I cosiddetti knowledge worker, se si preferisce la dizione anglosassone, sono volutamente esclusi dalla lista: per loro si prospetta una vita da precari e senza possibilità di riscatto. Sì, perché se gli ispettori del lavoro trovano un contratto a progetto applicato ad una delle mansioni elencate nella lista nera, sanzionano il datore di lavoro e tramutano seduta stante il co.co.pro. in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Ma se il controllo dovesse scattare, mettiamo il caso, in un’agenzia di comunicazione, il grafico e l’organizzatore di eventi”spacciati” per collaboratori, difficilmente potranno ottenere una conversione del contratto.

Questa la lista completa dei lavori per i quali è vietato il contratto a progetto:

addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici
addetti alle agenzie ippiche
addetti alle pulizie
autisti e autotrasportatori
baristi e camerieri
commessi e addetti alle vendite
custodi e portieri
estetiste e parrucchieri
facchini
istruttori di autoscuola
letturisti di contatori
magazzinieri
manutentori
muratori e le altre qualifiche operaie dell’edilizia
piloti e gli assistenti di volo
prestatori di manodopera nel settore agricolo
addetti alle attività di segreteria ed i terminalisti
addetti alla somministrazione di cibi o bevande
prestazioni rese nell’ambito di call center per servizi cosiddetti in bound.

La circolare, è scritto nel testo, indica “a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, sulla base di orientamenti giurisprudenziali già esistenti”, i rapporti di lavoro che non possono essere considerati autonomi. Ma, tornando al caso di un controllo in un’agenzia pubblicitaria o di comunicazione, gli ispettori del lavoro non potranno applicare alcuna sanzione: il modo di dimostrare la “specificità” dei progetti del grafico e degli altri “collaboratori” assunti, si troverà sempre.

La legge, è bene specificarlo, impone che un co.co.pro. sia vincolato, per definizione, ad un progetto che deve essere “specifico e descritto dettagliatamente, collegato ad un determinato risultato finale, e non deve coincidere con l’oggetto sociale dell’azienda”. Né tantomeno può comportare lo svolgimento di compiti ripetitivi o esecutivi, permettendo al lavoratore di lavorare con un certo grado di autonomia.

Quanti co.co.pro. non sono vincolati ad entrare a lavoro tutti i giorni alle 8.30 del mattino o peggio a rispettare una tacita turnazione con i propri colleghi. Quanti art director, grafici, redattori, sono lavoratori dipendenti mascherati da collaboratori? La creatività, almeno secondo i diktat del ministero del lavoro, resta figlia della precarietà. L’arte, si sa, è una tragica vocazione e i lavoratori intellettuali, “sfigati” e troppo “choosy” per accontentarsi di uno dei lavori della lista di cui sopra,  sembrano sempre più condannati ad essere i Fantozzi del nuovo millennio.

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