Comuni: solo il 6,7% delle pratiche è on-line

ROMA – Inglese, impresa e internet: sono le tre “I” che la retorica corrente raccomanda come fattori imprescindibili per crescita e sviluppo. Ma prendiamo solo il caso di internet: solo il 6,7% dei comuni avvia e conclude una pratica on-line. Un dato che non ha bisogno di commenti. Nonostante la richiesta generale per informatizzare l’amministrazione pubblica i risultati sono più che sconfortanti. Scartoffie, pile di pratiche, grattacieli di carta invadono gli uffici come se il mondo fosse rimasto a 20 anni fa, come se la rivoluzione digitale non avesse trasformato lo stesso modo di concepire la raccolta e diffusione dati. D’altra parte, come sottolinea uno spietato (è la forza dei numeri) Rapporto della Confartigianato esistono 818 comuni in Italia che non hanno nemmeno un computer. In 49 dei comuni esaminati si scopre che funziona a pieno regime l’attività di funzionari amanuensi che redigono ancora la contabilità a mano. 1191 amministrazioni comunali, inoltre, non possiedono nemmeno uno straccio di programma informatico che permetta di gestire il patrimonio di competenza.

Le nostre strade telematiche sono lente, occupiamo il settantesimo posto nella speciale classifica mondiale: più veloce di noi c’è anche la Giamaica. Peccato che l’Italia è tra le prime economie del pianeta. Parlare di competitività con la palla al piede del ritardo cronico, strutturale dell’informatizzazione, è perlomeno grottesco. E infatti, nella classifica “Doing business 201”, stilata dalla Banca Mondiale,  siamo piazzati all’ottantesimo posto. Come dire che fare impresa in Italia è un’avventura degna dei pirati dei Caraibi.

Secondo Confartigianato, la burocrazia costa 23 miliardi di cui 16 gravano sulle imprese. Un cappio che ovviamente è reso più stretto dalla mancata implementazione tecnologica che serve a sveltire e rendere più efficiente la macchina burocratica. Per ora è ferma, come immobilizzata dentro una montagna di carta.

Gestione cookie