Con l’Intelligenza artificiale 218mila dipendenti pubblici a rischio

Con l’Intelligenza artificiale circa 218mila dipendenti pubblici potrebbero essere sostituiti. Questo quanto emerge dalla ricerca del Forum della Pubblica Amministrazione “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego”  secondo la quale tra i lavoratori pubblici altamente esposti, la gran parte (l’80%) potrebbe integrare l’intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti.

Secondo la ricerca il settore pubblico subirà un forte impatto dall’adozione dell’intelligenza artificiale con circa il 57% dei dipendenti, 1,8 milioni di lavoratori circa, che saranno fortemente esposti alla nuova tecnologia e il 12% di questi che rischia di essere sostituito, un esercito pari a 218mila persone. 

Tutti i numeri

Circa 1,5 milioni di lavoratori con ruoli di leadership e gestione (come dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti innovativi, esperti tecnici e professionisti, prefetti, magistrati e direttori generali), riusciranno ad operare in modo complementare con le nuove tecnologie, se adeguatamente formati e con un’organizzazione abilitante. C’è invece un 12% a rischio di sostituzione, 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’intelligenza artificiale. Il restante 8% (circa 154mila dipendenti tra cui molte professioni del settore sanitario e diplomatico) è in una zona ambigua tra potenziali sinergie e rischi di sostituzione.

“Le professioni ad alta specializzazione come i ruoli direttivi, i dirigenti e i professionisti – si legge nella ricerca – hanno un forte potenziale di collaborazione, mentre quelle poco specializzate e routinarie sono vulnerabili alla sostituzione, suggerendo la necessità di una riconsiderazione dei ruoli e di una riqualificazione per mitigarne gli effetti. La rivoluzione dell’IA rappresenta la ‘terza ondata’ di trasformazione per il settore pubblico degli ultimi 15 anni, dopo la spending review e la pandemia”.

“Di fronte a un simile impatto, la pubblica amministrazione è chiamata ad una riforma strutturale – aggiunge Carlo Mochi Sismondi, Presidente di Fpa -. Serve una revisione dei processi di formazione, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill, che possono qualificare il lavoro liberato da mansioni ripetitive e routinarie. A livello organizzativo, bisogna abbandonare la logica gerarchica e burocratica per introdurre la flessibilità necessaria a gestire il cambiamento. Mentre la dirigenza è chiamata ad abbandonare la cultura dell’adempimento verso una per obiettivi e risultati”.  

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Gianluca Pace