Il condono Iva non era valido. Un milione di contribuenti “trema”: i rimborsi al Fisco potrebbero essere milionari

Il condono fiscale del 2001 non comprendeva l’Iva. Dunque, chi ne ha beneficiato deve regolare i conti con l’Erario: in Italia si tratta di un milione di persone circa. La questione era stata anticipata dal Sole 24 Ore il 27 ottobre. Un imprenditore (che aveva usufruito del condono totale) ha detto di aver ricevuto lo scorso anno gli ispettori del Fisco che gli hanno consegnato un accertamento milionario: erano i soldi che doveva alle casse statali. Davanti alle proteste dell’uomo, gli ispettori hanno risposto che era tenuto a sapere che l’Unione Europea aveva bocciato il passaggio relativo all’Iva e che dunque quei soldi andavano restituiti.

Il 28 ottobre Marco Bellinazzo ha spiegato, sempre sul Sole 24 Ore, tutte le tappe della storia del condono.

La legge 289 del 2002 prevedeva, tra le altre cose, il condono tombale per tutte le imposte concernenti dichiarazioni fino al 31 dicembre 2002.

Nel luglio 2006 arrivò il decreto Bersani che ha disciplinato la materia della prescrizione dell’accertamento, “prevedendo che l’ordinario termine di decandenza (di 4 anni) è aumentato del doppio quando si è in presenza di un reato”. Quindi, spiega Bellinazzo, “per le irregolarità oggetto di condono commesse nel 2001 è possibile dar luogo a verifiche fino al 31 dicembre 2010 (anziché fino al 31 dicembre 2006). Per quelle relative al 2002 c’è tempo invece fino al 31 dicembre 2011 (anziché fino al 31 dicembre 2007)”.

Nel luglio 2008 la Corte di Giustizia dell’Ue ha dichiarato il condono Iva incompatibile con il diritto comunitario. Di conseguenza, nel settembre del 2009 la Corte di Cassazione ha sancito l’inapplicabilità delle disposizioni della legge del 2002 in materia di Iva.

Nell’ottobre 2009 sono scattati i controlli del Fisco: vengono notificati avvisi di accertamento Iva sulla base del condono 2001-2002. Gli illeciti comportamenti “condonati”, quando superano la soglia dei 100 mila prevista per legge, assumono rilevanza penale e devono essere denunciati all’autorità giudiziaria. Di consenguenza scatta il raddoppio dei termini previsto dal decreto Bersani.

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