Contratti aziendali: si lavora, si firma e si sciopera a maggioranza

ROMA- Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno ratificato l’accordo di giugno sui contratti aziendali. Il giorno dopo tutti i giornali esaurientemente spiegano la “valenza politica” della notizia: sindacati e imprenditori che dicono al governo facciamo da soli e non metterti in mezzo. Perché in mezzo il governo si era messo, anzi era entrato a gamba tesa: nella manovra l’articolo otto che stabiliva per legge che il contratto aziendale valeva più di quello nazionale e consentiva più o meno tutto, licenziamenti compresi. Licenziamenti che non prevedevano reintegro del lavoratore ma solo indennità economica. Confindustria e sindacati hanno detto: facciamo da soli, questa storia dei licenziamenti rispettivamente non ci interessa, ci imbarazza o ci indigna. La prima era stata la reazione della Confindustria, la seconda quella di Cisl e Uil, la terza quella della Cgil.

Ma se la “valenza politica” era ben spiegata, cosa davvero accade in azienda con questo accordo tra Confindustria, Cgil, Cils e Uil non era dalla lettura dei giornali e dall’ascolto dei tg altrettanto chiaro. Ecco allora cosa succede, succede che si lavora, si firma e si sciopera pure a maggioranza. Nelle aziende che aderiscono a Confindustria e in quelle in cui sono in varie forme presenti Cgil, Cisl e Uil, se la maggioranza degli iscritti al sindacato accetta una variazione del contratto nazionale di categoria, allora questa variazione diventa contratto aziendale valido per tutti i lavoratori iscritti a quel sindacato o che fanno capo a quella rappresentanza sindacale aziendale. Una minoranza di iscritti, se risulta tale nella consultazione e in eventuale referendum non può scioperare contro quell’accordo sottoscritto dal sindacato. Vale per gli accordi sull’organizzazione del lavoro, orari, turni e straordinari ad esempio. Vale per tutti gli accordi che puntano ad aumentare la produttività aziendale. Insomma si rende vincolante un meccanismo di delega. La prima delega la consegna e affida il lavoratore al suo sindacato aziendale. Se questo firma è come avesse firmato anche lui. Se il singolo è contrario all’accordo ma resta in minoranza, l’accordo vale e impegna anche lui. Potrà, se vorrà, al prossimo “giro” cambiare sindacato, ma non potrà trasformare la sua minoranza in sindacato di blocco. In estrema sintesi, con l’eccezione dei licenziamenti, si rendono operativi gli accordi aziendali per la produttività. Firmato Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Il governo, il ministro Sacconi volevano altro e di più, la Fiom voleva di meno, quasi nulla. Entrambi infatti “non firmano”.

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