Confindustria e il derby genovese fra Garrone e Gozzi che rischia di spaccarla. Incominciato come un derby genovese e ligure, inatteso e sorprendente, nella battaglia per la presidenza di Confindustria, la sfida tra Edoardo Garrone e Antonio Gozzi ora rischia di spaccare la una volta potente associazione italiana degli imprenditori. Mettendo così in crisi ancora una volta un corpo intermedio della nostra società, nel dopoguerra fondamentale per la ricostruzione.
Alla soglia del giorno fatale, il 4 aprile, quando il Consiglio generale dovrà votare il nuovo presidente, che sarà poi sottoposto alla proclamazione nell’Assemblea, Antonio Gozzi, amministratore delegato di Duferco e presidente di Federacciai, escluso dai tre saggi dalla competizione perché non avrebbe raccolto una cifra di consensi superiore al 20 per cento ha reagito con una lettera bomba a tutti i 184 componenti del Consiglio stesso, contestando i conti secondo i quali il suo risultato sarebbe solo del 13 per cento.
A suo avviso, invece, oltre il 25 per cento ha votato per lui nelle assemblee territoriali che da oltre un mese si esprimono per scegliere il successore di Carlo Bonomi.
Una bella differenza che lacera gli imprenditori, mai apparsi cosi incerti e spaccati, in un momento tanto delicato. I saggi hanno ammesso alla finale Edoardo Garrone, in testa nei loro conteggi e Emanuele Orsini, uno dei vice dello stesso Bonomi. Ambedue ben sopra la soglia del 20%.
Gozzi vuole rientrare vantando un appoggio che è quasi il doppio di quello segnalato ufficialmente. Un bel giallo, mai accaduto nella lunga storia di Confindustria.
Ma già dall’inizio della sfida le vecchie regole di ingaggio sembravano essere saltate, perché dopo l’entrata in campo di Gozzi, un personaggio forte, estroverso, capo di una grande azienda, che produce e commercia acciaio ed ha anche altri importanti interessi in altri settori e si muove su uno scenario europeo, un ligure doc, ecco la sorpresa Garrone.
Il primogenito di Riccardo, che aveva lanciato la grande riconversione da petrolio a energie innovative della Erg, si era inaspettatamente messo nella corsa con appoggi molto forti, a incominciare da quelli di Emma Marcegaglia, la vera zarina di Confindustria, di Bracco e perfino di Tronchetti Provera e Luca di Montezemolo.
Forte di una esperienza importante ai vertici confindustriali come vice presidente dello stesso Montezemolo e di Marcegaglia, e prima ancora presidente dei Giovani industriali italiani, Garrone sembrava materializzare con la sua sfida un vero derby ligure impersonato da due concorrenti che rappresentavano l’industria manifatturiera e grandi aziende, dopo presidenze molto meno “dure”.
A contrapporsi ai due genovesi liguri era rimasto appunto Emanuele Orsini, leader di Federprosciutti e titolare di aziende produttrici di legname.
La complessa procedura dell’ elezione è andata avanti con questo derby ligure che occupava le prime pagine, mentre Orsini da abile navigatore confindustriale, riusciva a ottenere una buona base di consenso.
I più imbarazzati di tutti sono stati evidentemente gli industriali genovesi, che si erano subito orgogliosamente espressi per Gozzi, finalmente un ligure che cercava la leadership a un cinquantennio di distanza dalla doppia presidenza di Angelo Costa, il grande leader della flotta “C” e delle altre attività, dall’olio al mattone, di una famiglia che aveva come religione quella dell’impresa governata solo da parenti e con regole ferree, benedette da una significativa impegno cattolico, a fianco di quello del rischio imprenditoriale.
Quando è spuntato Edoardo Garrone, detto “Dado”, attualmente presidente del cda del quotidiano “Il Sole 24 Ore” e dell’ospedale Gaslini, dove lo aveva scelto il cardinale Angelo Bagnasco, Confindustria Genova, si è gelata in un grande imbarazzo. Come gestire la scelta, dopo avere già “promosso” il chiavarese Antonio Gozzi, imprenditore dai molti interessi e dal passato intenso? Prima di diventare amministratore di Duferco, “Tonino” era stato l’ultimo segretario del Psi storico e docente di Economia all’Università di Genova.
E, diventato leader nell’azienda di famiglia, dopo avere lasciato la politica, aveva accettato la sfida della società di calcio Entella, la squadra di Chiavari, che grazie a lui presidente e azionista aveva raggiunto perfino la serie B. Inventandosi pure una geniale impresa, quella di mettere on line tutti i giocatori di calcio del mondo, fornendo un servizio ineguagliabile nel grande mercato del pallone.
L’imbarazzo genovese è cresciuto sempre di più con il presidente Umberto Risso, anche lui un industriale “forte”, con un’impresa nel settore del gas, preso tra i due fuochi. Quando l’ assemblea territoriale di Genova si è dovuta esprimere votando per il candidato da appoggiare nella sfida nazionale l’unica strada è stata quindi una neutralità molto complicata.
Dopo lo sconcerto del leader Duferco è arrivata la sua reazione e l’invito a controllare bene i dati.
Praticamente un’ accusa non solo ai tre arbitri, ma a tutto il sistema di Confindustria di avere manipolato.
Tra il 13 per cento “ufficiale”, poi salito al 15% e il 25 per cento rivendicato da Gozzi, c’è una bella differenza.
E ora cosa succederà? Gozzi ha chiesto tutte le verifiche interne, le ragioni del conteggio e ha lasciato intravvedere anche un ricorso alla magistratura. A prescindere da come la questione verrà sistemata per il 4 aprile, e si immagina che le proteste dell’escluso restino tali, Confindustria rischia una clamorosa spaccatura con conseguenze imprevedibili. Un presidente “papa” e un “antipapa” sulla soglia.
Garrone e Orsini hanno, intanto, esposto al Consiglio riunito i loro programmi mentre Gozzi studiava le prossime mosse.
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