ROMA – Le banche sono sempre più selettive, i tassi salgono e sempre più imprese rinunciano. Un terzo delle aziende italiane è a corto di liquidità, con il conseguente rischio di chiudere e licenziare. Confindustria lancia un nuovo allarme e parla di una “terza ondata di credit crunch, dopo quelle del 2007-09 e quella del 2011-12″ e chiede di “sbloccare i pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese” al più presto.
Secondo l’associazione degli industriali la situazione è drammatica: il cosiddetto meccanismo del credit crunch, la stretta delle banche che non prestano più denaro, è “un evento senza precedenti nel dopoguerra”.
L’allerta del Centro studi della Confindustria, giunge a ridosso dei dati rivelati venerdì dalla Banca d’Italia prima che in serata arrivasse lo schiaffo dell’agenzia di rating Fitch che ci ha declassati a BBB+, appena due gradini sopra il livello spazzatura, oltre il quale non è consigliabile investire in Italia. I dati di via Nazionale confermano la stretta creditizia: a gennaio si è registrato un calo dell’1,6 per cento dei prestiti al privato rispetto a un anno fa, meno 46 miliardi.
Stando ai dati di Unioncamere, nel corso del 2012, hanno chiuso mille imprese al giorno, 24 mila in più rispetto all’anno precedente, con un taglio di oltre 6.500 aziende industriali. Ma, sempre Bankitalia, rivela che contestualmente sono in aumento anche le sofferenze bancarie, cioè quei prestiti che difficilmente saranno restituiti: sono passate dal 16,6 per cento di dicembre al 17,5 di gennaio. Anche questo è un effetto della crisi, da non sottovalutare.
La soluzione proposta da Confindustria è, dunque, di “spezzare il circolo vizioso” e si può fare in due modi: o si sbloccano i “48 miliardi di euro di debiti commerciali della Pubblica Amministrazione”, almeno i due terzi. Oppure la Bce deve “trovare il modo giusto di dare prestiti alle banche finalizzati a divenire credito alle Pmi. Le misure varate in Italia (moratorie, Fondo di garanzia) vanno nella giusta direzione, ma non sono risolutive come il ritorno stabile dell’economia su un sentiero di alta crescita”.
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