ROMA – Al Consiglio di Stato non piace l’Imu “dolce” alla Chiesa. Il parere depositato martedì dai giudici di Palazzo Spada è parzialmente negativo. I dubbi del Consiglio riguardano l’applicazione della tassa, che dovrebbe scattare dal gennaio 2013, sugli immobili ad uso misto, ovvero destinati anche ad uso commerciale, degli enti no profit, ivi compresi quelli della Chiesa. Dalle scuole agli ospedali, alle attività di tipo ricettivo: il Consiglio di Stato ha avanzato osservazioni sul criterio di ”retta simbolica” previsto in vari passaggi del regolamento sull’Imu agli enti non lucrativi. La richiesta è di integrare il criterio, facendo riferimento ai requisiti di carattere economico come definiti dal diritto dell’Ue.
Se da un lato – osserva il Consiglio – grazie ad una nuova norma contenuta nel comma 6 dell’articolo 9 del decreto legge sugli enti locali, il Governo ha il potere di emanare il nuovo Regolamento (è stato così superato un primo parere negativo del Consiglio di Stato dovuto appunto alla carenza di delega dell’esecutivo nell’emetterlo), dall’altra, il contenuto del Regolamento non è stato giudicato soddisfacente rispetto ai parametri europei.
Una parte del Regolamento sotto esame è diretta a definire i requisiti, generali e di settore, per qualificare le diverse attività come svolte con modalità non commerciali. Essi – secondo il giudizio del Consiglio di Stato – non sono in grado di superare le obiezioni europee nel corso della procedura d’infrazione alle regole di concorrenza, già aperta. Anche in caso di bocciatura del Consiglio, il governo in ogni caso può riproporre tal quale il Regolamento motivando le sue scelte.
La decisione presa nel corso della riunione consultiva di Palazzo Spada, lo scorso giovedì, è già stata scritta dal relatore Roberto Chieppa, e ora è all’esame e alla firma del Presidente del Consiglio di Stato, Giancarlo Coraggio. Scrive il Corriere:
Con la prima decisione del 4 ottobre, il Consiglio non era entrato nel merito del Regolamento (che peraltro è stato riproposto sotto forma di decreto ministeriale senza cambiamenti rispetto alla prima versione). Ma essendo ormai stato superato l’ostacolo della carenza di potere del governo dal momento stesso in cui è entrato in vigore il decreto legge sugli enti locali, il nuovo esame del Consiglio di Stato è entrato nel dettaglio.
In particolare, i giudici amministrativi osservano che “anche nei settori presi in considerazione dall’art. 4 dello schema di regolamento (attività assistenziale, sanitaria, didattica, ricettiva, culturale, ricreativa e sportiva), soggetti in apparenza “non commerciali” possono, in taluni casi, trovarsi a svolgere attività economiche in concorrenza con analoghi servizi offerti da altri operatori economici.
In sostanza – si legge nel parere del Consiglio – anche gli enti non commerciali possono svolgere attività commerciali, che sono necessariamente di natura economica ai sensi del diritto dell’Unione europea e gli immobili destinati a tali attività sono soggetti al pagamento dell’Imu, e non possono beneficare dell’esenzione.
Per questo i giudici di Palazzo Spada ritengono che si debba far riferimento ai principi comunitari anche per “evitare il rischio di una procedura di infrazione avente ad oggetto il nuovo atto normativo”.