La normativa attuale prevede che in caso di debiti non pagati i conti correnti possano essere bloccati: succede anche ai pensionati.
Debiti privati, amministrativi o fiscali: l’Agenzia delle Entrate e della Riscossione, per recuperare il sospeso o far sì che il debitore si metta in pari con il soggetto creditore, può richiedere il blocco dei conti correnti. Tale blocco può essere temporaneo e perdurare fino a quando il debito non venga saldato oppure non si sia raggiunto un accordo con il creditore. Se il debito è ingente, la legge stabilisce anche altri rischi che riguardano lo stipendio e la pensione.
In certi casi, infatti, l’Agenzia delle Entrate può anche mettere le mani sulla pensione del debitore o bloccarla. Se un soggetto ha un debito di 5.000 euro o superiore, l’AdE può agire con una sospensione del pagamento dell’assegno previdenziale. E si può anche arrivare alla concessione in ritardo del TFR. Come mai? Semplicemente, perché l’Agenzie delle Entrate ha la facoltà di verificare se ci sono debiti non pagati prima di effettuare pagamenti superiori a 10.000 euro (soglia poi ridotta a 5.000 euro dal 2018).
Il riferimento normativo è l’art. 48 bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Una norma sulla riscossione delle imposte sul reddito. In questo articolo è previsto che le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a una certa cifra euro, devono verificare se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento di un debito pari o superiore all’importo da pagare. E se così fosse le pubbliche amministrazioni non devono procedere con il pagamento, ma segnalare la circostanza all’agente della riscossione competente.
Quindi, se ci sono debiti, anche l’Agenzia delle Entrate può bloccare il pagamento e procedere con il recupero del debito. Dopo il 2018, la soglia è stata ridotta da 10.000 a 5.000 e sono anche stati aggiornati i limiti su quanto può essere pignorato dalla pensione o dal TFR.
La cifra cambia, ovviamente, a seconda dell’importo del debito. Per esempio, per debiti fino a 2.500 euro, può essere pignorato un decimo della pensione. Invece, per debiti tra 2.500 e 5.000 euro, il pignoramento può essere pari a un settimo. Infine, per debiti superiori a 5.000 euro, l’AdE può trattenere un quinto.
Se la pensione è accreditata su conto corrente, anche il conto diventa pignorabile, ma solo nel caso di certe somme stabilite. Si procede con il pignoramento per debiti su conti correnti se l’importo del trattamento è eccedente il triplo dell’assegno sociale e quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento. E sempre nei limiti di un decimo, un settimo e un quinto a secondo del peso della pensione, e quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente.
C’è anche un altro vincolo importante: le pensioni non possono essere pignorate sotto un certo limite, che è di 1.000 euro. I conti correnti di chi prende meno di 1.000 euro, quindi, non verranno toccati, anche in caso di debiti consistenti. Se il pignoramento supera questi limiti, può essere considerato inefficace e il debitore può infatti opporsi in tribunale e chiedere anche un risarcimento per eventuali danni subiti.