Contratto Marchionne: picchia, corregge, spreme. Ma non è “fascismo Fiat”. Il vero scandalo sono i 1.200 euro al mese

Maledetta tv e siano dannati tutti quelli che le corrono dietro: davanti ai cancelli di Mirafiori in nove, nove di numero a dieci non ci sono mai arrivati in un’ora di inquadrature, gridano alle telecamere ingorde di scene da sceneggiata: “Vendola vattene” mostrando e innalzando sulle nove teste nove una prima pagina de “Il Giornale”. E la tv fa diventare questo striminzito teatrino “l’assalto a Vendola”, “Vendola respinto”, la “tristezza di Vendola”. Un anziano operaio, uno di numero, nel calore di una discussione si commuove. E la tv fa diventare quella singola emozione “Le lacrime della classe operaia”. Maledetta tv davanti alla quale recitano tutti e tutti si mettono in posa, con televisive parole: la Camusso segretaria della Cgil che spara: “Le fabbriche diventeranno caserme”, il capo del governo che sillaba: “Se vince il No è giusto che la Fiat se ne vada dall’Italia”. Recitano tutti per la tv nello “Studio Mirafiori”, quelli della Fiom che cantano il coro “Venduti, venduti” a chi non è con loro, quelli del Sì al referendum che replicano: “Siete contro la democrazia”. Recitano e si mettono in posa i governanti, i politici, i sindacalisti, gli inviati speciali dei giornali. Maledetta tv e maledetta politica che della tv si è fatta schiava e che solo per la tv sa parlare e recitare. Maledetta tv che mai ti dice per cosa, su cosa stanno votando i cinquemila e passa dipendenti della Fiat.

Se vuoi sapere cosa è il “Contratto Marchionne” ti devi sobbarcare la fatica di andarlo a cercare in qualche frettolosa e approssimativa tabella riassuntiva sui quotidiani, oppure scaricarti l’originale da Internet, in tv il contratto non c’è. Poi lo trovi finalmente il contratto Marchionne e scopri che picchia, corregge e spreme. Ma non è “fascismo aziendale”. E che il vero “scandalo”, di cui ovviamente nessuno parla, non è l’orario, non sono i turni, la possibilità o no di scioperare, il primo giorno di malattia non pagato se…Il vero scandalo sono i 1.200 euro al mese di salario.

L’orario, anzi gli orari di lavoro. Il contratto Marchionne ne prevede e impone tre. Due di otto ore articolati su 15 turni o 18 turni a settimana. E uno di dieci ore su 12 turni a settimana. Tradotto: si lavora talvolta anche il sabato e talvolta anche la domenica e c’è un super turno pesantissimo di dieci ore. Non ci piove, il contratto Marchionne prevede e impone di lavorare di più e spalma quel di più su tutta la settimana. E’ un contratto che spreme la forza lavoro, ma non certo al punto di poter gridare ai lavori forzati: si lavora, anzi si fatica così in Germania, mica in Cina.

Lo straordinario: 120 ore di lavoro straordinario l’anno diventano obbligatorie. E’ la cosa che maggiormente fa “impazzire” la Fiom, anche se la Fiom non lo dice. Straordinario obbligatorio e non più contrattato significa che il sindacato in fabbrica conta meno, perde parte della sua capacità e potere di pressione sull’azienda. Straordinario obbligatorio e garantito non ammazzano di fatica gli operai, ma ammazzano quasi il sindacato abituato al fatto che in fabbrica nulla si fa se sindacato non ci sta. Il contratto Marchionne picchia, più sul sindacato che sulla individuale fatica.

Le pause: erano complessivamente di 40 minuti durante il turno, diventano di trenta minuti spezzettate in tre segmenti da dieci minuti ciascuna. Qui l’azienda si fa pignola, ossessivamente pignola. E si mostra innamorata di una alquanto astratta e ottusa teoria della produzione che diventa urticante se non persecutoria nei confronti del lavoratore. La pausa con il cronometro odora, anzi puzza di ideologia aziendalistica più che di tecnologia produttiva.

Lo sciopero: non è vero che viene vietato, questa è demagogia sindacale e politica. Il sindacato che firma il contratto Marchionne non si impegna a non scioperare mai, si impegna a non scioperare durante lo straordinario concordato, anzi obbligatorio. Si impegna quindi a non colpire con lo sciopero l’azienda durante i picchi di produzione, quelli che richiedono appunto lo straordinario. Si toglie al sindacato un’arma di offesa in nome del principio di una tregua produttiva. Se il sindacato indice uno sciopero durante quei “picchi”, l’azienda si rivale economicamente sul sindacato. Lo sciopero quindi non è vietato ma “costa”. Anche qui: è la Germania o gli Usa “importati” a Mirafiori e Pomigliano. Ma non è la Cina, il Vietnam o l’Indonesia.

La malattia non pagata. Se nel 2011 le assenze al lavoro superano il sei per cento, se nel 2012 e poi nel 2013 le assenze superano rispettivamente il 4 e il 3,5 per cento, se per tre volte in un anno un singolo lavoratore si assenta per periodi inferiori a cinque giorni in prossimità di giorni festivi, allora il primo di questi giorni di malattia non viene pagato. Il meccanismo ha il grave difetto dell’essere collettivo e indiscriminato, una sorta di “decimazione” sommaria che scavalca le responsabilità individuali. E’ un brutto e rozzo meccanismo. Meccanismo che scatta però contro l’assenteismo. Assenteismo che il sindacato non combatte con nessun altro e migliore meccanismo. Se l’azienda contro l’assenteismo ricorre alla “tagliola”, il sindacato l’assenteismo se l’è tenuto in culla. Comunque non è vero che la malattia non viene più pagata, è vero che l’azienda impone un metodo drastico, ai limiti del violento, contro l’assenteismo.

La rappresentanza in fabbrica: l’esclusione di chi non firma, cioè la Fiom, non l’ha voluta la Fiat. Sta scritta nello Statuto dei Lavoratori, anche se era stata cancellata in un accordo nazionale del ’93. L’esclusione è legittima. Ma troppo astuta. La Fiat non l’ha voluta ma le è piaciuto molto trovarla e riscoprirla e analogo piacere hanno provato i sindacati metalmeccanici della Cisl e della Uil. Dare un calcio nel sedere alla Fiom è stata una tentazione cui non hanno resistito. Ma non è stata una mossa intelligente e neanche tanto “moderna”. Un’azienda intelligente, imprenditorialmente intelligente, sconfigge ma non esclude. Non si lascia sedurre dallo “sfizio” di infierire. Qui Marchionne è stato “bambino” e con lui Bonanni e Angeletti.

Il Contratto Marchionne picchia sul sindacato, spreme la forza lavoro, corregge storture produttive. Ma non è l’inferno in terra per i lavoratori. A queste condizioni lavorative e sindacali si può lavorare. Lo scandalo sono i 1.200 euro al mese che si prendono per lavorare, così tanto e così intensamente. Ma di questo Berlusconi non sa e non si occupa e neanche Sacconi. Su questo Marchionne osserva rigoroso silenzio. Di questo Vendola si dimentica nella narrazione delle “nuova oppressione”. Su questo Landini non sa cosa dire, tanto meno fare. Per questo non si agitano Cisl e Uil che mandano invece il messaggio: tenetevi uno stipendio anche misero, altrimenti rischiate niente stipendio. Su questo il Pd di Bersani non riesce neanche a balbettare e la Lega di Cota e di Bossi si acquatta in una sorta di padana omertà. E di questo, ovviamente, la tv per cui tutti recitano e i mettono in posa, tace: i 1.200 euro al mese per faticare e sopravvivere sono fuori dal palinsesto di questa rumorosa, rissosa e recitato “Reality Mirafiori”.

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