Sei a tempo determinato? Non prenderai meno di 25 mila euro

ROMA – Mercato del lavoro: la riforma del Governo prevede l’introduzione di un contratto unico di apprendistato per i primi tre anni e, novità rilevante, con i contratti a termine la busta paga non potrà più essere inferiore a 25 mila euro. L’intendimento della Fornero è quello di varare il provvedimento a febbraio, la trattativa sarebbe già a buon punto con un punto di mediazione trovato su un disegno di legge degli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi. L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non verrebbe toccato se non nella sua efficacia nelle prime fasi lavorative.

Contratto unico di ingresso. Un contratto solo rispetto ai 48 attuali censiti dall’Istat: una frammentazione cui il Governo vuole porre rimedio e che penalizza donne e giovani. I salari lordi italiani sono un terzo più bassi della media europea. Il contratto unico di ingresso durerà fino a tre anni nella sua prima fase. E’ prevista poi una seconda fase i cui il lavoratore godrà di tutte le tutele accordate dal contratto a tempo indeterminato. Nella prima fase, in caso di licenziamento non per giusta causa (motivi economici, ristrutturazioni aziendali ecc…) il datore di lavoro non avrà l’obbligo del reintegro del dipendente ma potrà risarcirlo pagando una penale pari alla paga di 5 giornate lavorative per ogni mese lavorato.

Se la fase di ingresso dura tre anni il risarcimento sarà pari a 6 mensilità. Rispetto all’articolo 18 succederà un po’ quello che accade ora con i periodi di prova. Periodo di prova che praticamente è esteso a tre anni ma con la garanzia che al termine dello stesso il contratto si trasformi automaticamente in un contratto a tempo indeterminato. Ovviamente, dopo questi tre anni, l’impresa non ha l’obbligo di assumere, basterà pagare il risarcimento.

Contratti a termine. La riforma renderà più oneroso per le imprese ricorrere ai contratti a tempo determinato. Il 96% dei lavoratori impiegati con questa formula contrattuale percepiscono (dati del 2008) meno di 35 mila euro l’anno. Cioè un salario che riguarda mansioni medio basse. In realtà, dovrebbe servire a regolare le retribuzioni per prestatori d’opera molto qualificati per un lasso necessariamente breve di tempo. Da ora in poi, secondo la riforma, sarà impossibile, perché vietato, assumere a tempo determinato dipendenti per i quali viene corrisposto un salario inferiore ai 25 mila euro lordi annui (o proporzionalmente inferiore se la durata è minore dei dodici mesi).

Ci sarà un limite anche all’utilizzo dei contratti a progetto e di lavoro autonomo continuativo. Se rappresentano due terzi o più del reddito del lavoratore con la stessa azienda e sono inferiori ai 30 mila euro lordi annui, saranno trasformati automaticamente in Contratti unici di ingresso (tre anni di apprendistato e poi tempo indeterminato). Queste modifiche non varranno per i lavori stagionali (agricoli, turistici ecc…).

Salario minimo legale. Nella riforma è contenuta anche una norma che introdurrebbe un salario minimo legale. Se dall’incontro e dalla mediazione con le parti sociali non dovesse scaturire una quota condivisa, sarà il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro se ne assumerà l’onere.

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