ROMA – L’accisa è l’imposta di fabbricazione sui carburanti che, insieme all’Iva, pesa per circa la metà sul prezzo di benzina e diesel. Il prezzo al consumo dei carburanti è infatti sostanzialmente la somma di due componenti: la prima è quella fiscale, la seconda quella industriale (materia prima e margine lordo delle compagnie petrolifere).
La componente fiscale è costituita a sua volta da due elementi. Il primo è proprio l’accisa che attualmente nel nostro Paese è di 0,564 euro al litro per la benzina senza piombo, di 0,423 euro al litro per il gasolio e di 0,125 euro al litro per il gpl.
Il secondo elemento è l’Iva, che si applica, nella misura del 20%, sia alla componente industriale che all’accisa. Se prendiamo a riferimento i due principali carburanti, la componente fiscale pesa per oltre la metà del prezzo alla pompa per la benzina senza piombo (circa 53%) e poco meno della metà per il gasolio auto (46% circa).
Secondo quanto più volte ricordato dall’Adiconsum, il primo aumento dell’accisa risale addirittura alla guerra in Etiopia del 1935 (1,90 lire). Nel 1956 fu la volta della crisi di Suez (14 lire), seguito da altre 10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963 e da altrettante 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966.
Tra il 1968 e il 1980 fu fatta leva ancora sulle accise per far fronte alle emergenze terremoti (10 lire per il Belice del 1968; 99 lire per il Friuli del 1976; 75 lire per l’Irpinia del 1980). Nel 1983 toccò alla guerra in Libano (205 lire), mentre nel ’96 per il finanziamento della missione in Bosnia Erzegovina del furono applicate altre 22 lire. L’ultimo rincaro, almeno fino a quello annunciato oggi, risale al 2004: 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri.