
Covid spallone: italiani riportano i soldi in Svizzera (Foto d'archivio Ansa)
ZURIGO – Torna di moda la Svizzera verde. Non per l’estate o per un week end al fresco, anche in considerazione del recente annuncio del paese elvetico che ha deciso di non riaprire le dogane con l’Italia il prossimo 3 giugno, ma per mettere al sicuro i risparmi.
Spaventati dall’incertezza portata dal coronavirus sono ora i piccoli risparmiatori, e non più solo i grandi evasori, a bussare alle porte delle banche oltreconfine.
“Ricevo telefonate dall’Italia quasi ogni giorno. Mi chiamano perché vogliono aprire un conto che non sia in euro e vogliono mettere i soldi al sicuro, qui in Svizzera, chi per 80mila, chi per 150mila euro. Questa volta non sono milionari ma lavoratori dipendenti, anche impiegati statali”, racconta al Sole24Ore l’avvocato Enzo Caputo, fondatore dello studio legale Caputo & Partners di Zurigo.
“Chi chiama non rientra nel mio target, perché la mia clientela deve possedere almeno 500mila euro per poter diversificare gli investimenti, ma mi interpellano perché sono preoccupati. Hanno paura di una possibile imposta patrimoniale e non vogliono investire i loro soldi ma solo lasciarli al sicuro in una banca svizzera. In franchi svizzeri”.
Una tendenza che trova conferma nei video che Caputo posta sul suo canale youtube e che hanno registrato un nuovo interesse, ma anche nelle parole di altri ‘esperti’ del settore come Fabio Di Vizio, sostituto procuratore a Firenze e con grande esperienza nel contrasto all’evasione fiscale: “La mia sensazione – afferma – è che ci sia un deflusso costante di risorse. La tendenza mi sembra abbastanza marcata e netta”.
O l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco: “Questo fenomeno – dice – dura da parecchio tempo: sono i gestori che, per conto dei loro clienti, disinvestono dall’Italia. Se poi negli ultimi tempi ci sia stata un’accelerazione, la cosa non mi stupirebbe”.
In questo scenario si riscopre di moda la Confederazione elvetica che aveva perso appeal negli ultimi anni tra i paradisi fiscali. Se nel 2001 il 41% di tutte le ricchezze nei centri offshore erano messe al sicuro in Svizzera infatti, nel 2015 la quota si era ridotta al 26%. Questo perché lo scambio automatico d’informazioni tra le banche ha complicato la vita di tutti o quasi i paradisi fiscali.
Secondo il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, che ha presentato gli ultimi dati al vertice del G20 a Ryad a febbraio di quest’anno, tra il 2008 e il 2019 i depositi bancari posseduti da stranieri nei centri offshore sono calati del 24%, con una perdita di 410 miliardi di dollari. Ma questo riguarda i depositi frutto di qualche illecito o irregolarità.
La Svizzera torna ora attrattiva per chi, al contrario, possiede ricchezze sulle quali ha già versato le tasse e quindi note al Fisco. Nulla vieta di depositare questi beni all’estero. E’ diversa la ragione per cui lo si fa. E ora la paura: la paura di una patrimoniale o la paura di un crollo dell’Euro e dell’Eurozona a spingere piccoli e medi risparmiatori verso le vecchie e sicure banche del nostro vicino nel cuore dell’Europa. (Fonte: Sole 24 Ore)