Crescita e lavoro. Manovra “espansiva” o “effetto nullo”? Diatriba Governo-Istat

Crescita e lavoro. Manovra "espansiva" o "effetto nullo"? Diatriba Governo-Istat
Crescita e lavoro. Manovra “espansiva” o “effetto nullo”? Diatriba Governo-Istat

ROMA – Crescita. Governo difende la manovra “espansiva”. Ma l’Istat: “effetto nullo”. Le previsioni di crescita, modesta, dell’economia italiana sono un dato acquisto e condiviso almeno in termini numerici: Governo, Istat e oggi anche Bruxelles stimano un ritorno alla crescita, con un aumento dello 0,5% (+0,6% Governo e Ue) nel 2015, a cui seguirebbe un rialzo dell’1% nel 2016. Ciò che cambia radicalmente è il giudizio sugli effetti delle misure contenute nella manovra licenziata dal Governo (Def). Se per il ministro Pier Carlo Padoan la manovra è “espansiva”, cioè aiuta a produrre ricchezza e occupazione, per l’Istituto di Statistica la stessa manovra avrà “un effetto nullo” sulla crescita.

Il quadro macro-economico delineato è lo stesso, la lettura diametralmente opposta. L’Istat si è incaricata di mettere pubblicamente sull’avviso il Governo: le misure come gli 80 euro vanno nella direzione giusta, la clausola di salvaguardia che fa scattare l’Iva un’ipoteca negativa sui conti in caso dovesse scattare. Il giudizio sulla manovra, al di là della competenza statistico-contabile, è politico. Più precisamente: si rinnova la sensazione di un uso politico della statistica.

Danilo Taino sul Corriere della Sera, della controversia Istat-Governo sceglie di isolare un insegnamento poco incoraggiante: a furia di parlare di quadro macro-economico si perde di vista la circostanza che “per quanto si cerchi di risparmiare, tagliare le tasse, fare investimenti, l’esito finale non è mai gran cosa: la crescita rimane bassa e la disoccupazione alta”.

Questo per dire che l’idea di rispondere alla grave crisi a cui l’Italia è di fronte soprattutto agendo sul bilancio dello Stato – entrate e spese – è zoppicante: in quella cornice, gli spazi di manovra sono minimi, la spesa va avanti autonomamente e le tasse si adeguano. I vincoli europei anche nella loro versione «flessibile» più recente non aumentano di molto quegli spazi.

Un Paese che dagli anni Ottanta del secolo scorso è in perdita di velocità economica e di competitività ha bisogno di un cambiamento che vada più a fondo nei nodi produttivi del Paese, qualcosa di «micro» che penetri, riformi e renda efficiente ciò – molto – che non lo è più. Il dibattito tutto chiuso nel circolo entrate/uscite è ormai vizioso. (Danilo Taino, Corriere della Sera)

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