ROMA – C’è chi continua a dire che il peggio è passato e che si vede la “luce in fondo al tunnel”. E invece dalla Bce, nel lunedì che sui mercati dovrebbe essere di festa per la vittoria di Barack Obama, arriva un annuncio di segno opposto.
La crisi non è finita, anzi. Sta aggredendo il cuore dell’Europa. Mario Draghi lo dice ponderando le parole, sapendo che le reazioni arriveranno: “La Germania finora è stata ampiamente al riparo dalle difficoltà che hanno investito altre aree dell’eurozona. Ma gli ultimi dati indicano che questi sviluppi stanno iniziando a interessare anche l’economia tedesca”.
E le cifre danno ragione a Draghi: quest’anno il pil tedesco è lievemente migliore di quanto previsto a maggio (0,8% rispetto a 0,7%), ma l’anno prossimo la crescita resterà ferma allo 0,8%. A maggio Bruxelles indicava per il 2013 un pil dell’1,7%. Quindi crescita col freno a mano tirato confermata da un calo netto della produzione industriale.
Non basta. Ci si mette anche la Commissione Ue che sempre lunedì ricorda come la crescita sia lontana e come il problema oggi sia la disoccupazione, destinata presto a sfiorare quota 12%. Quanto alla ripresa ogni volta che arriva una nuova relazione la data del segno più davanti al Pil si allontana. Si sperava nella seconda metà del 2013, adesso l’asticella della speranza è già arrivata al 2014. Il tutto in uno scenario reso “incerto da una crescita troppo debole”.
Leggi crescita debole e pensi Italia. Dove più che debole è assente. Così Olli Rehn, il commissario europeo per gli Affari economici e monetari che non si tira mai indietro quando c’è da bastonare il nostro Paese si dice subito preoccupato per la “crescita debole italiana”. E detta l’agenda: si continui con le politiche di Mario Monti anche dopo il 2013. Tradotto: eleggete pure chi volete ma il programma lo scriviamo noi.
Così, l’unica buona notizia, una notizia che non basta a calmare le Borse, viene dalla Grecia dove se non altro il pacchetto di tagli da 13,5 miliardi è ancora “vivo”. Nel senso che il Parlamento, per ora, ha deciso che non è incostituzionale e quindi il voto (è atteso un via libera con maggioranza striminzita) dovrebbe arrivare mercoledì notte. “Buona notizia” poi, purché non la si chiami così davanti ai Greci: erano in piazza domenica, sono in piazza lunedì. Senza nessuna intenzione di arrendersi all’altra bordata punitiva di austerity.
Notizia che insieme all’elezione di Obama non basta a rassicurare i mercati. Anche perché Obama, come lettera di bentornato, ha ricevuto da Fitch l’invito, non proprio cordiale, a tagliare subito il deficit per non perdere una “A” nel suo rating.
Così al momento della chiusura, quello delle Borse europee, è un bollettino “di guerra”: Milano – 2,49%, Londra – 1,1%, Francoforte -1,7%, Parigi -1,6%. In perdita anche Wall Street: il Dow Jones arretra dell’1,8% come l’S&P 500, mentre il Nasdaq va giù dell’1,9%. E come succede spesso quando le Borse sono in calo lo spread cresce: quello tra Btp e Bund è a 352 punti con rendimento è al 4,9%. E alla fine il conto dice che in un solo giorno di contrattazioni l’Europa ha bruciato circa 100 miliardi.
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