Crisi, Barroso rilancia l'eurobond. La Germania dice no

STRASBURGO, 14 SET – L'euro ''va salvato a tutti i costi'', ma Unione europea e governi nazionali non riescono a mettersi d'accordo sulle operazioni di soccorso.

I vertici di Bruxelles, a cominciare dal capo della Commissione José Manuel Barroso, puntano in una direzione, fatta di Eurobond, Tobin tax e governance europea rafforzata. Le capitali sembrano invece puntare alla rinazionalizzazione. Con Berlino che oggi è uscita allo scoperto con un deciso 'no' alle obbligazioni europee alle quali la Ue sta lavorando, come ha confermato Barroso pur aggiungendo che non sono ''una panacea''.

La divisione si è materializzata oggi nel giro di poche ore. A Strasburgo, davanti al Parlamento europeo, i vertici europei hanno lanciato allarmi e proposto soluzioni. A Roma, dove era in visita, il vicecancelliere tedesco Roesler, ha risposto seccamente 'no'.

Nell'assemblea elettiva d'Europa è stato il presidente di turno dell'Ecofin, il ministro delle finanze polacco Jacek Rostowski, a lanciare l'allarme affermando che ''l'euro va salvato ad ogni costo'' perché ''se dovesse disintegrarsi, crollerebbe l'Europa'' in pace e in salute così come è stata costruita negli ultimi 60 anni.

E non si illuda chi pensa che l'uscita della Grecia dall'euro non sarebbe una catastrofe: i costi, ha ammonito il Commissario per gli affari economici Olli Rehn, sarebbero ''drammatici'' per tutti. E per ''tutti'', ha spiegato, si devono intendere non solo i 17 paesi dell'eurozona, ma anche gli altri dieci della Ue e per ''i partner globali'' dell'Europa, a cominciare dagli Stati Uniti.

L'allarme è stato doppiato da un deciso richiamo all'ordine rivolto ai governi lanciato dal capo dell'esecutivo europeo, José Manuel Barroso, che la sera prima era stato ''invitato'' ad essere più incisivo dai vertici del Ppe (al quale il portoghese appartiene, così come 17 dei capi di governo della Ue a cominciare da Merkel e Sarkozy…).

I governi, ha detto stamane Barroso, devono ''dimostrare di fare sul serio'' aggiungendo che ''non bastano i progetti, bisogna passare all'azione''.

Riecheggiando un concetto espresso ieri, dopo l'incontro con Silvio Berlusconi, ha anche sottolineato che l'attuale metodo decisionale comunitario basato sull'unanimità ''ci sta penalizzando'' ed ha affermato che ''il mondo si aspetta una Ue più integrata''.

Un concetto peraltro espresso a New York anche dal Segretario del Tesoro Usa, Timothy Geithner, quando ha detto che ''l'Europa deve fare di più", aggiungendo che ''è nell'interesse degli Usa aiutare l'Europa''. Tanto che venerdì sarà presente all'Ecofin informale che si terrà a Wroclaw.

Sul fronte delle soluzioni, Barroso ha confermato che ''la Commissione presenterà le sue opzioni per l'introduzione degli eurobond'', ricordando che però esse ''non sono una panacea''. Le ''opzioni'' sono quelle di cui parla da settimane Olli Rehn. E se il Commissario ha ricordato che esse possono implicare una cessione di sovranità dagli stati membri all'Europa, Barroso ha sottolineato che ''alcune possono essere messe in atto nel quadro del Tratto attuale, altre richiedono una revisione'' riconoscendo che comunque le obbligazioni europee non porteranno ''una soluzione immediata di tutti i problemi''.

Da Roma, dove stava tenendo una conferenza stampa al Ministero dello Sviluppo economico, la doccia fredda delle parole del vicecancelliere tedesco Philipp Roesler. ''Dico espressamente no agli eurobond – ha scandito – e questo è il parere del governo tedesco''. E che Berlino non sia in sintonia con la Ue lo ha confermato, poco dopo, il ministro tedesco dei trasporti sostenendo che ''un'eventuale uscita della Grecia dall'euro non sarebbe la fine del mondo'' ed esprimendo scetticismo tanto sull'Esm quanto sull'Efsf.

Unica buona notizia della giornata, l'annuncio da parte di Rostowski che è in dirittura finale il compromesso sul pacchetto per la governance che, tra l'altro, impone un meccanismo semi-automatico di sanzioni per gli stati con i conti pubblici in difficoltà.

Il 'six pack' era stato presentato dalla Commissione un anno fa. I governi hanno cercato di annacquarlo, il Parlamento ha tenuto duro. E la prossima plenaria (26-29 settembre) potrebbe approvarlo, trasformandolo in legge.

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