Ma se i rischi di implosione del sistema finanziario sono scongiurati, Draghi ha precisato che ci sono ancora molte aziende a rischio: «Il timore che in alcune economie le ripercussioni sul mercato del lavoro siano maggiori e più persistenti dell’atteso; che la domanda per consumi e investimenti possa nuovamente indebolirsi non appena si inizi a ritirare il sostegno dei bilanci pubblici».
Adesso arriva il momento critico perché bisognerà concentrarsi sulle riforme: «Nello scenario mondiale che prevarrà, le sorti dell’economia italiana – avverte Draghi – dipenderanno più che mai dalla soluzione dei suoi vecchi problemi: i nodi strutturali che serrano dalla metà degli anni Novanta la crescita del prodotto e della produttività, ampliando i divari nei confronti degli altri paesi industriali. La crisi non ne ha reso più facile la soluzione, anzi. La drastica contrazione degli investimenti ha ridotto la capacità produttiva potenziale. Non poche imprese (soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari) che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda, potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico, di mercato; rischiano la stessa sopravvivenza. Si aggraverebbe così la perdita di capacità, potenziale e attuale, del sistema. Un deterioramento prolungato del mercato del lavoro potrebbe compromettere la ripresa dei consumi e depauperare il capitale umano. L’espansione del debito pubblico – indispensabile per fronteggiare la crisi nel breve periodo – richiederà’ in futuro significative politiche correttive».