Crisi, lezione di civiltà tedesca. Impegno della Siemens: non licenzierò mai

Arriva dalla Germania una lezione di civiltà per aziende e sindacati di tutto il mondo: la Siemens ha promesso che non licenzierà mai, neppure in caso di una nuova crisi economica, i suoi dipendenti tedeschi che non vogliono lasciare il lavoro, se non mediante accordi e incentivi. Una decisione che fa storia, che fa ben sperare nel futuro soprattutto in un periodo così doloroso per i lavoratori, e che soprattutto dimostra la capacità dei sindacati tedeschi di avere forza contrattuale e di saperla utilizzare con intelligenza.

Il supercolosso multinazionale (quasi 90 miliardi di euro di fatturato) ha  concluso un accordo con i rappresentati dei suoi dipendenti e con il sindacato IG Metall. L’accordo stabilisce “l’impegno a non mandare via forzatamente nessuno dei 128 mila dipendenti tedeschi” (su un totale che sfiora il mezzo milione nel mondo) attualmente impiegati alla Siemens, anche in caso di chiusura o delocalizzazione degli impianti.

L’accordo è stato siglato a Berlino dal presidente della Siemens Peter Loescher e dal leader dell’IG-Metall (il sindacato dei metalmeccanici) Berthold Huber. Un’analoga intesa era stata raggiunta nel luglio 2008 ed era arrivata adesso a scadenza: d’ora in poi avrà validità indefinita. Qualsiasi licenziamento dovrà avvenire con il consenso del consiglio di fabbrica.

La reazione della Borsa non è stata delle migliori: il titolo Siemens al Dax di Francoforte ha perso l’1,6%, scendendo a 78,12 euro.

Quella della Siemens è stata una mossa insolita, a dire la verità, anche in Germania, pure nota per i suoi rapporti “intimi” tra i sindacati e il management. Un esperto di relazioni sindacali come Hagen Lesch, professore all’Istituto di Economia di Colonia, interpellato sull’argomento dice: “Non ho mai sentito parlare di nulla di simile. E non credo che ciò sia economicamente ragionevole. Come farà la Siemens a contenere le richieste di aumenti salariali che arriveranno dai sindacati se non potrà più minacciare di tagliare i posti di lavoro?”.

Effettivamente guardando un po’ in giro non c’è nessuna altra azienda che abbia mai concordato con i lavoratori un accordo così “filantropico”. Ci sono, sì, gruppi e aziende che si sono impegnate a garantire il posto di lavoro ai propri dipendenti ma hanno tutte posto un limite di tempo a questa promessa. La Sindelfingen Daimler, che ha fissato il termine più lungo di tutti prima di quello “illimitato” della Siemens, ha stabilito di garantire i posti di lavoro per dieci anni. Poi si vedrà, anche da come andrà il mercato e se ci sarà una nuova crisi economica. Una circostanza che, invece, sembra non spaventare minimamente la Siemens che ai suoi lavoratori conferma: se non vorrete andarvene, vi terremo con noi, anche in caso di una nuova crisi mondiale.

Ma come è possibile? L’accordo siglato dalla Siemens con lavoratori e sindacato si basa ed è stato possibile grazie alla strategia del “non conflitto”, che aziende e sindacati sono riusciti a rispettare anche durante l’ultimo anno di crisi economica.

Due i punti cardine: nessun taglio ai posti di lavoro e più misure di flessibilità. In una parola: cooperazione tra aziende e sindacati e nessuno scontro o rottura che avrebbero solo potuto esasperare gli animi. Come sottolinea Dieter Scheitor, rappresentante del sindacato IG Metall, proprio l’accordo siglato dalla Siemens è un “segnale importante” che dimostra quanto siano serviti i “buoni rapporti tra dirigenti e lavoratori” che vicendevolmente “hanno dimostrato una grande quntità di elasticità”.

La Siemens, infatti, non è una azienda “miracolata” bensì come molte altre in Germania durante la crisi ha dovuto ridurre l’orario di lavoro dei dipendenti e inaugurare politiche di lavoro flessibile per poter sopravvivere. Eppure ora ha firmato questo accordo che può con ragione essere definito “epocale”. Oltre a garantire un posto sicuro per la vita ai suoi dipendenti, anche in caso di recessione, l’azienda promette che, se dovesse vendere parte delle sue aziende, ne informerebbe i lavoratori che potranno avere voce in capitolo sulla selezione di un eventuale acquirente. E questa è la prima volta nella storia del diritto del lavoro tedesco, che un contratto aziendale riconosca un simile diritto.

Negli ultimi anni non tutto quello che ha riguardato Siemens ha goduto del luccichio delle buone notizie: ci sono stati scandali per tangenti in varie parti del mondo, che portarono anche all’uscita, nel 2007, del predecessore di Loescher, Klaus Kleinfeld, e a multe per 1,3 miliardi di dollari. Ci sono stati anche momenti di imbarazzo, come la vendita all’Iran di impianti utili per la repressione della libertà che a parole l’occidente afferma di sostenere. Nella ventata di scandali, alcuni dirigenti del gruppo sono finiti in carcere, incluso un componente del Consiglio di amministrazione, accusato di avere dato soldi a un sindacato più favorevole agli interessi aziendali di quanto sia la IG Metall.

Una multa di 396 milioni di euro è stata imposta dall’Unione europea alla Siemens per avere guidato un cartello con altri dieci concorrenti (multati anch’essi complessivamente di una simile cifra).

Nel 2007 due funzionari della Siemens furono condannati da un tribunale tedesco per avere pagato mazzette per 6 milioni di euro per ottenere la fornitura all’italiana Enel di turbine per 450 milioni di euro. Alla Siemens fu imposta una multa di 38 milioni.

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