Storie di chi è costretto a chiudere: la Libreria Guida Merliani, l’atelier Sart

Il negozio di frutta e verdura di Nunzio Di Benedetto a Milano, il negozio di alta moda “Casa dello Sport” a Bologna, la sartoria “Sart” a Roma, la libreria Guida Merliani di Napoli: sono alcuni dei negozi storici costretti a chiudere dalla crisi. E la Cgia di Mestre stima che andrà peggio: nel 2012 potrebbero chiudere altri 150mila negozi.
(Foto Lapresse)

ROMA – La Libreria Guida Merliani di Napoli, la boutique bolognese Casa dello Sport, l’atelier romano Sart: ci sono anche loro nella lista dei negozi storici costretti a chiudere. E secondo la Cgia di Mestre i prossimi mesi saranno anche peggio: 150mila imprese commerciali rischiano di chiudere nel 2012, dopo le 105mila che hanno già chiuso nel 2011.

Ma ecco le quattro storie raccontate dal Corriere della Sera.

Milano: l’ortofrutta. Il negozio di ortofrutta di Nunzio Di Benedetto, 74 anni, è stato aperto nel 1965. In una zona semicentrale e popolata, non lontano dalla Stazione Centrale. Dopo averlo aperto, il signor Di Benedetto lo aveva intestato alla cognata più giovane. Adesso, però, “ci è scaduto il contratto di affitto e per il rinnovo volevano quasi raddoppiare il canone, ha spiegato al Corriere della Sera. Così a fine giugno siamo stati costretti a chiudere: ovviamente non ne sono contento, sono molto amareggiato. Gli ultimi anni sono stati molto difficili. La concorrenza dei supermercati è terribile e continuano a spuntare come funghi. Noi avevamo una clientela che ci era rimasta fedele negli anni e che per età è venuta a mancare. Poi la storia dell’affitto, il colpo di grazia”.

Quello di Di Benedetto non è l’unico negozio al dettaglio che la crisi ha costretto a chiudere. “L’ultima è stata la camiciaia di fianco a me: ma nel frattempo erano spariti la drogheria, la salumeria, la macelleria… Per i negozi nessuno fa nulla, eppure siamo un servizio. E poi non è che la crisi la sentono solo le famiglie dei lavoratori dipendenti: di noi non si parla mai”.

Bologna: il negozio d’alta moda. I 56 anni di attività del negozio di alta moda bolognese “Casa dello Sport” sono stati bruciati in pochi mesi. Dalle prime avvisaglie della crisi nel 2011 alla chiusura all’inizio del 2012. Silvia Caliceti, la titolare, dice di averle provate tutte: “Ho chiuso alcuni reparti, ho tentato di concentrare l’attività su prodotti che mi avevano sempre garantito un buon ritorno, ho calato il numero dei dipendenti, ma non c’è stato nulla da fare”. A far chiudere quel negozio aperto dai genitori, sono state diverse concause, spiega Silvia Caliceti al Corriere della Sera: “Le tasse, le banche… Ma una su tutte: i bolognesi hanno smesso di spendere”.

Roma: la sartoria a palazzo Borghese. Per Sart, sigla di “Società abbigliamento rappresentanza tessuti nazionali e inglesi”, la crisi è iniziata nel Duemila, e non due anni fa, come spiega al Corriere della Sera Sergio De Angelis, figlio del fondatore. Un tempo le stoffe del negozio con sede all’interno di palazzo Borghese vestivano tutta la nobiltà della capitale. Ma dal Duemila “la gente non si vestiva più con l’amore con cui si vestiva prima e il lavoro è iniziato a calare. Quando si è acuita la crisi abbiamo provato a resistere fino a che è stato possibile. Ci dicevamo: “Proviamo a vedere cosa succede la prossima stagione”. Poi, è stato inevitabile, abbiamo deciso di sospendere l’attività”.

Napoli: la libreria del Vomero. Quando l’affitto passa da cinquemila a ventimila euro al mese non è facile continuare a permetterselo. Per questo la libreria Guida Merliani, da quarant’anni nel quartiere Vomero di Napoli, ha dovuto chiudere. In passato aveva anche ospitato incontri e dibattiti con Pier Paolo Pasolini e Umberto Eco. Negli ultimi tempi era stata costretta a cedere parte del proprio spazio ad uno sportello Lottomatica per la vendita dei biglietti del Napoli. Proprio quella libreria che non aveva mai fatto posto a gadget o cd, come molte altre librerie. Ma lo scorso inverno il vecchio contratto d’affitto è scaduto. Il proprietario ha chiesto un affitto quadruplicato. “E noi non potevamo permettercelo, ha raccontato al Corriere della Sera il titolare Giuseppe Guida. cifre di questo genere saranno forse alla portata di grandi marchi della moda, ma non di chi vende libri e fa cultura. Oggi i libri si vendono nei supermercati, con prezzi imposti dalle grandi catene”. E le piccole librerie sono costrette a chiudere.

 

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