ROMA – Un’impresa italiana su tre chiude per i debiti della Pubblica amministrazione, che non paga. Il dato drammatico arriva da uno studio della Cgia di Mestre. L’associazione degli artigiani stima che i crediti delle aziende verso lo Stato ammontano a 120 miliardi di euro. Tra il 2008 e il 2012 i continui ritardi nei pagamenti hanno costretto al fallimento 15.100 imprenditori. Un dato che è più che raddoppiato, con un aumento del 114%.
Il dato di 120 miliardi è tratto dalle stime della Banca d’Italia: secondo i ricercatori di via Nazionale il debito della pubblica amministrazione è di 91 miliardi di euro. Quindi “è verosimile” che i debiti della Pubblica amministrazione italiana verso le imprese ammontino a circa 120 miliardi di euro, ha spiegato il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi.
Anzi: secondo Bortolussi i debiti della P. A sono superiori a quelli stimati da Bankitalia:
“E’ una foto scattata il 31 dicembre 2011, più di un anno e mezzo fa. In essa non sono comprese le aziende con meno di 20 addetti che costituiscono il 98% delle imprese italiane. In questa ricerca, inoltre, non sono state coinvolte le imprese che operano nei settori della sanità e dei servizi sociali che, storicamente, sono quelli dove si annidano i ritardi di pagamento più eclatanti. Alla luce di questi elementi, riteniamo che l’ammontare dei debiti scaduti stimato dalla Banca d’Italia sia sottodimensionato di circa 30 miliardi di euro”.
Dall’inizio della crisi, nel 2008, alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15.000 imprese. A fronte di oltre 52.500 fallimenti che si sono registrati in Italia in quei cinque anni, la Cgia ritiene che 15.100 chiusure aziendali siano addebitabili ai ritardi nei pagamenti.
L’Italia, a livello europeo, è ultima nel tempo impiegato dalle amministrazioni pubbliche per saldare i propri debiti: 170 giorni.
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