ROMA – Stefania Tamburello scrive sul Corriere della Sera che si sta rafforzando l’idea di varare in tempi brevi un decreto di riassetto patrimoniale della Banca d’Italia. Si tratta di una riforma sulla quale convergono i diversi interessi dell’Istituto di via Nazionale, delle banche azioniste e del governo che dall’imposizione sulla rivalutazione delle quote di capitale della Banca centrale — per 5-7,5 miliardi complessivi — potrebbe incassare circa 1,2 miliardi euro.
Il Wall Street Journal e Tito Boeri della Bocconi, hanno fatto notare però che “non vi è alcun valore di capitale nelle banche centrali. Il loro capitale è puramente fittizio”. Si tratterebbe quindi di una mossa scorretta, perché le quote della banca d’italia non si possono vendere non avendo valore di mercato. Fatto sta però che il Governo sta andando avanti su questa strada.
Scrive Tamburello che
“L’idea si sta rafforzando, soprattutto dopo l’altolà della Commissione europea allo schema di bilancio per il prossimo anno, disegnato dalla legge di Stabilità. Ed è quella di varare in tempi brevi il decreto sul riassetto patrimoniale della Banca d’Italia. Una riforma sulla quale convergono i diversi interessi dell’Istituto di via Nazionale, delle banche azioniste e del governo che dall’imposizione sulla rivalutazione delle quote di capitale della Banca centrale — per 5-7,5 miliardi complessivi — potrebbe incassare circa 1,2 miliardi euro”.
“Risorse preziose per sistemare le partite ancora aperte di quest’anno, come la copertura della seconda rata Imu, o per rimpinguare i conti del 2014. A spingere per un intervento tempestivo sono però soprattutto le banche che sarebbero anche disposte ad anticipare il versamento delle imposte sulle plusvalenze delle loro quote di capitale nella Banca d’Italia, ma a patto di poter contare su norme certe. Di poter cioè registrare la rivalutazione della partecipazione nel capitale rafforzandolo già nel bilancio 2013, quello che sarà la base di riferimento dell’esame avviato dalla Bce in vista dell’Unione bancaria”.
“Per fare tutto ciò, osservano, occorre agire in fretta, non basterebbe inserire le nuove regole in un emendamento alla legge di Stabilità già in discussione in Parlamento perché questa potrebbe essere approvata anche sul filo della fine dell’anno. Mentre per attuare il suo riassetto la Banca d’Italia ha bisogno di tempo per mettere in moto la procedura di riforma statutaria, senza contare un eventuale passaggio a Francoforte . L’Istituto di via Nazionale ha infine un suo interesse preciso e lo ha enunciato nella sua proposta di autovalutazione affidata dal governatore Ignazio Visco a tre super saggi (Franco Gallo, Lucas Papademos e Andrea Sironi) e consegnata al ministro Saccomanni”.
«Il modello caratterizzato da una proprietà privata del capitale va preservato», dice innanzitutto il documento di Palazzo Koch citando l’esempio della Federal Reserve americana. L’assetto azionario della Banca «però va rivisto», per almeno tre ragioni. In primo luogo i processi di concentrazione degli ultimi anni hanno accresciuto la percentuale del capitale della Banca detenuta dai gruppi bancari di maggiori dimensioni. Ciò non ha creato problemi di sostanza , grazie alle norme che limitano i diritti dei partecipanti «ma è necessario evitare la possibile, erronea percezione che la Banca possa essere influenzata dai maggiori azionisti». In secondo luogo occorre cancellare una volta per tutte la norma della legge sul risparmio del 2005, peraltro mai attuata, che chiede il passaggio allo Stato della proprietà del capitale della Banca, mettendo così definitivamente in salvo l’indipendenza dell’Istituto. Infine il riassetto serve a chiarire che i partecipanti «non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca provenienti dal signoraggio», cioè dall’esercizio della politica monetaria, che è una funzione pubblica”.
«Ogni ambiguità su tale questione va rimossa» stabilendo precise norme sulla distribuzione degli utili. Lo studio della Banca d’Italia, che è stato pubblicato sul sito del ministero dell’Economia, indica nel dettaglio il percorso fatto per arrivare alla valutazione tra i 5 e i 7,50 miliardi del capitale riservato ai partecipanti e indica anche quali dovranno essere i punti cardine della legge di riforma: la rivalutazione del capitale; l’attribuzione ai partecipanti di un flusso futuro di dividendi ponendo contemporaneamente fine a ogni eventuale pretesa sulle riserve statutarie; l’introduzione di un limite massimo alla percentuale di quote detenibili da ciascuna istituzione”.
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