In fondo e al fondo c’è coerenza e non dovrebbe esserci sorpresa nell’idea (e voglia) del governo di destra/centro di togliere al lavoro dipendente per dare al lavoro autonomo. In fondo e al fondo c’è uno storico idem sentire fatto insieme di cultura, ideologia, umori. In fondo e al fondo c’è un impasto/sentimento secondo il quale il lavoratore dipendente è il garantito a posto e stipendio fisso mentre il lavoratore autonomo è esposto ad ogni vento e ad ogni rischio. Il primo lavora sì, ma coperto da denaro e garanzie (anche pubbliche) che il secondo non ha. Il secondo, il lavoratore autonomo, lavora e rischio di più. E senza protezioni. Una cultura, una ideologia, un umore sociale che ha portato nei decenni nella costituzione materiale d’Italia a proteggere almeno un po’ il lavoro autonomo con il diritto de facto a non pagare tutte le tasse dovute. Una supposta e asserita “evasione di necessità” riconosciuta a tutte le forme di lavoro autonomo. Con gli effetti, marcati, visibili nella geografia della dichiarazione dei redditi degli italiani da decenni e decenni a questa parte: la quasi totalità dei lavoratori autonomi abitano, a loro dichiarare al fisco, nella terra dei 15/30 mila euro lordi annui.
Gemellaggio elettorale
E poi, consolidato nel tempo, c’è anche il gemellaggio elettorale tra lavoro autonomo e destra o centro che sia. Commercianti e partite Iva votano in grande maggioranza a destra e al centro e anche il 25 settembre l’hanno fatto. Quindi, anche qui con coerenza, il governo dei destra/centro prepara un segno di riconoscenza. Il primo: portare per il lavoro autonomo la tassazione forfettaria al 15 per cento da 65 mila a 85 mila euro di reddito. Insomma la partita Iva fino a 85 mila di reddito paga il 15 per cento di tasse. Già qui…un reddito da lavoro dipendente dopo e sopra i 50 mila euro paga il 43 per cento di tasse. Ma dove trovare i miliardi per la flat tax alle partite Iva (oltre che per mandare in pensione a 62/63 anni, ma questo è altro discorso)? Di debito ulteriore rispetto alle attese (e compatibilità) per il 2023 governo Meloni ne ha già messo in cantiere per venti e passa miliardi. Più in là non si può. E allora dove trovare i miliardi? Aumentare le entrate fiscali è bestemmia impraticabile. Allora diminuire le spese? Diminuirle a chi?
Ai garantiti
L’idea e la voglia del governo sono di tagliare le detrazioni fiscali. Tagliarle a chi? A chi dichiara redditi superiori ai 60 mila euro annui (la soglia è in discussione). E chi è che dichiara redditi da 60 mila in su? A stragrande maggioranza sono redditi dichiarati da lavoro dipendente (o da pensione post lavoro dipendente). Per l’ottima ragione che il lavoro dipendente essendo sottoposto a ritenuta alla fonte non può che dichiarare quanto effettivamente gli viene corrisposto. Fatto sta che nelle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti italiani sopra i 60 mila lordi annui i lavoratori autonomi si diradano fin quasi a sparire (mentre intere categorie si assiepano tra i 15 e i 25 mila lordi annui. Nelle dichiarazioni…Quindi tagliare la detrazione fiscale, quella ad esempio per le spese sanitarie, detrazione pari al 19 per cento della spesa, tagliarla a chi da lavoro dipendente porta a casa a fine mese tra i 2500 e i 3000 netti al mese, significa trasferire risorse dal lavoro dipendente a quello autonomo. Per la semplice ragione che il lavoro autonomo nella zona taglio c’è poco o nulla (stando a dichiarazione redditi) mentre nella zona taglio c’è il lavoro dipendente a reddito più medio che alto.
Cento euro di medicine, erano 19 di detrazione…
Saranno di meno o forse non saranno più per chi da lavoro dipendente porta a casa da 2500 a tremila netti al mese. Giudicato se non proprio ricco almeno abbiente, questo contribuente che già paga la quota parte più alta dell’Irpef nazionale, cederà una parte o tutta la sua detrazione fiscale, i suoi 19 euro, alla partita Iva che va a pagare di tasse il 15 per cento fino agli 85 mila euro (che raramente dichiara, infatti è ufficialità e non stima che con il limite a 65 mila euro per il forfait a 15%, sopra i 65 mila spariva la fatturazione).
Per il lavoro dipendente? La mezza pensione
Trasferire ricchezza o almeno quota reddito dal lavoro dipendente a quello autonomo, è la Destra coerente con se stessa. E per il lavoro dipendente? La pensione, la pensione presto, più presto di quanto non comandi la demografia, la anagrafe, l’aritmetica e l’interesse nazionale. Pensionare a 60 anni con opzioni varie, pensionare al massimo a 62/63 anni. Magari una mezza pensione fino ai 65/67 anni. Mettere quanti più lavoratori dipendenti a mezza pensione e quanti più lavoratori autonomi a tasse decimate. Eccolo il programma, la bussola, la meta.