DODOMA (TANZANIA) – La Tanzania cambia rotta con il presidente John Magufuli. Gli annunci fatti due anni fa, quando venne eletto, diventano adesso realtà e colpiscono i colossi internazionali che sfruttano i giacimenti di diamanti, oro, tanzanite ed uranio di cui il Paese è ricco.
Tra le misure varate dal presidente c’è un aumento delle royalties dal 4% al 6%, la nazionalizzazione del 16% delle cave del Paese, l’obbligo di impiegare forza lavoro locale e il divieto di esportare minerali grezzi. Riforme che, spiega Lorenzo Simoncelli su La Stampa, hanno messo all’angolo imprese enormi del settore come Anglo Gold Ashanti e Barrick Gold.
La prima azienda a finire nel mirino di Magufuli era stata lo scorso marzo la britannica Acacia, la principale società mineraria in Tanzania che estrae oro, e che era stata accusata da una commissione voluta proprio dal presidente di non aver pagato negli ultimi 20 anni licenze estrattive allo Stato per 190 miliardi di dollari. Alla fine Acacia ha dovuto versare 300 milioni nelle casse dello Stato.
Ad agosto è toccato invece alla Petra Diamonds, a cui è stato sequestrato un carico di diamanti dal valore di 30 milioni di dollari che stava per essere portato a Londra dal porto di Dar es Salaam. La compagnia è stata accusata di aver volutamente sottovalutato il valore dei minerali per pagare meno imposte. E così il prezioso carico è stato espropriato e nazionalizzato.
Adesso, scrive Simoncelli su La Stampa, Dodoma potrebbe colpire il governo russo, interessato ad un programma d’estrazione in un enorme giacimento di uranio, ma vicino a far saltare il banco dopo il cambio di direzione di Magufuli.