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Donne d’Impresa: a caccia di teste e nuovi talenti con Claudia Paoletti, AD di Kilpatrick.

Donne d’Impresa: a caccia di teste e nuovi talenti con Claudia Paoletti, AD di Kilpatrick.

Nata a Firenze, sposata, due figli e un cane, ma è soprattutto nota come
“cacciatrice di teste”, Claudia Paoletti è diventata Amministratore Delegato
Italia di Kilpatrick Executive Search.

Cresciuta a Firenze ma, per metà di nazionalità svizzera tedesca, ha nel suo DNA un forte spirito imprenditoriale, ereditato da papà, imprenditore toscano nel campo dell’editoria. Sono già 22 anni che Claudia supporta imprese e manager con le sue competenze nella ricerca di Executive e Middle
Manager.

Ha alle spalle un’importante formazione e gavetta avendo lavorato anche nella direzione Risorse Umane di Pirelli e di Cisco a Milano. In seguito, si è occupata con sempre maggiore impegno e passione di recruitment di talenti.

Oggi, Claudia Paoletti sottolinea di aver avuto conferma, da una survey
erogata dalla sua società ai giovani italiani ed internazionali della generazione Z, che
la maggior parte dei lavoratori di oggi, non vuole più vivere per lavorare, ma lavorare
per vivere.

 Le nuove generazioni sono quasi tutte alla ricerca di “tempo” e spesso di un lavoro “comodo“, cioè senza troppe responsabilità, ansie, mache però consenta loro di approcciare progetti interessanti ma con una certa qualità di vita e con un minimo di tempo libero.

I giovani vogliono, giustamente essere retribuiti per quello che fanno ma, a volte fanno scelte diverse anche a discapito dello stipendio e di una possibile e più brillante carriera. Cambiano i tempi, le prospettive e non sappiamo ancora esattamente, se questo sarà un bene o un male ma sicuramente
dobbiamo essere pronti a cambiare noi stessi e far cambiare le nostre organizzazioni.
Il futuro ci troverà di fronte all’intelligenza artificiale, che dovremo saper gestire, per
non rimanerne succubi.

“Affrontare il cambiamento e anticipare il futuro” è il motto di Claudia, ma senza
dimenticare i valori più profondi, cardini della nostra vita. Identificare i giusti candidati
per fare sì che sia possibile una crescita manageriale e tecnica di certe aziende, sia in
Italia che all’estero, è la sua vera passione e la sua “mission”. Una sfida continua per
lei e i suoi collaboratori. In questi anni Kilpatrick, nata a Milano e con casa madre in
Svizzera, non a caso, ha aperto anche diversi uffici nel mondo, con 6 hubs
internazionali multilingue in Asia, America, Latam e Europa. Di questo, naturalmente,
ne è orgogliosamente responsabile anche lei che ha supportato i due proprietari,
Cristina Spagna e Jacob Hoekstra nella creazione e gestione dell’azienda.

Invitata come relatrice per raccontare le sue singolari esperienze manageriali, l’abbiamo
incontrata scoprendo, sotto le vesti di una manager di ferro, anche lo spirito e
l’entusiasmo di una ragazza che non si sente mai arrivata, ma che si rivela sempre a
caccia, non solo di talenti, ma anche di nuove sfide professionali. Cresciuta nella città
del Rinascimento, la sua mentalità è aperta all’internazionalizzazione a tutto tondo,
per una visione multiculturale che sa di futuro. Una vera cittadina del mondo a tutti gli
effetti.

Le abbiamo chiesto.

Abbiamo raggiunto la “parità di genere”, almeno fra i “cacciatori di teste”?

Il tema della diversity e dell’inclusion fanno parte del nostro approccio e della nostra
politica di selezione da sempre vista l’esposizione internazionale della nostra realtà
attenta ai trend. 

Diamo pari opportunità nei processi di selezione, le nostre shortlist di
candidati sono spesso molto miste in termine di genere, di cultura e di religione
perché sono spesso costituite da candidature provenienti da Paesi diversi e contesti
variegati. 

Siamo convinti che l’innovazione si faccia con la contaminazione e siamo
sempre i primi a proporre ai clienti di uscire dal seminato e “guardare fuori” anche a
situazioni diverse da quelle sperimentate fino ad oggi e cercare di creare team misti
da un punto di vista di genere.

Purtroppo, ci sono ancora molti ruoli dove, anche
volendo, non è facile trovare donne (pensate alle materie ingegneristiche, scientifiche
in genere o informatiche) e, se le troviamo, hanno un’età per cui non è facilissimo
spostarle di sede nel caso abbiano famiglia. Ancora oggi molte donne non guadagnano
purtroppo al pari degli uomini. C’è tanto lavoro da fare ma mi sento di dire che la
cultura italiana sta cambiando e c’è sempre più apertura a colmare il gap sulla parità
di genere nelle aziende.

A volte è proprio il materiale umano che manca per poter
velocizzare il processo. Io mi sento comunque di sottolineare che, pur essendo la
prima, essendo donna, a spingere le aziende a prendere delle donne, credo
fortemente nella meritocrazia che deve prevalere nelle selezioni di personale.

Come è riuscita a coniugare il suo impegno familiare con quello del lavoro? Ci
vuole un marito particolarmente paziente e collaborativo?

Sicuramente come si dice dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna,
ma ritengo che lo stesso valga al contrario.
Per anni mio marito è stato un manager “in corsa” e la gestione della famiglia e dei
figli nel day by day era principalmente demandata a me che ero costretta a
barcamenarmi nei due ruoli di professionista e di mamma.

Da qualche anno le cose si sono invertite ed io ho potuto dedicare più tempo alla mia carriera anche perché i figli sono cresciuti indipendenti e sono sempre stati molto autonomi e responsabilizzati.
É necessario trovare un giusto equilibrio per poter dedicare il proprio tempo ad un
progetto lavorativo così sfidante dando però sempre priorità ad i propri figli ed alla
propria famiglia.

Sono sicuramente la classica mamma e moglie multitasking, però se
ami quello che fai, non ti pesa giostrarti fra così tanti impegni anche se, ogni tanto, mi
sento un’equilibrista.

Un consiglio per le nuove generazioni che ambiscono ad essere le famose
“teste” che lei cerca per proporre alle aziende più importanti ed innovative?

La cosa bella (per loro) è che questa generazione che sta arrivando nel mondo del
lavoro a causa della bassa natalità non avrà particolari problemi a trovare la propria
strada e potrà cambiare lavoro quando vorrà. Ci sarà infatti una forte necessità di
forza lavoro e poca offerta di capitale umano.

Per diventare un manager ed entrare nel radar dei cacciatori di teste bisogna sostanzialmente “differenziarsi”. Il mio consiglio, quindi, è quello di scegliere un percorso didattico che sia allineato a quello che il mondo di oggi sta chiedendo (digitale, ingegneria, sanità, biomedicale ecc.) e lavorare
per rafforzare le proprie competenze in questi ambiti.

Aggiungo che, purtroppo, ancora oggi la scuola italiana non prepara abbastanza sulla conoscenza delle lingue.
Ragazzi, un messaggio per voi: se potete cercate di andare all’estero a studiare, a
lavorare o a fare degli stage. Il mondo professionale di oggi e del futuro non è più solo
locale ma sempre di più verranno abolite le frontiere ed i lavori, anche grazie alla
remotizzazione ed alla tecnologia, saranno maggiormente esposti all’internazionale. Il
mio consiglio a genitori e ragazzi è quello di aprirsi al mondo.

Figlia di un imprenditore: cosa e come le ha insegnato suo padre?

Oggi, guardando indietro il mio percorso, penso che mio padre mi abbia instillato una
forte vena imprenditoriale. Sono sicura che, se fosse ancora con noi, sarebbe
particolarmente orgoglioso di me e del ruolo che mi sono ritagliata in azienda.
Il mio percorso è stato molto variegato ed è nato principalmente sul campo ma ho
saputo captare le opportunità che mi si ponevano davanti prendendomi dei rischi e
buttandomi su avventure che mi appassionavano.
Anche la mia avventura in Kilpatrick e l’incontro con Cristina e Jaap nel 2003 è stata,
di fatto, una scelta imprenditoriale per me stessa. Loro avevano appena rilevato una piccola boutique di headhunting ed è stato amore a prima vista. Con energia, dopo
anni di azienda ed un passaggio in un’altra boutique di selezione del personale, mi
sono buttata nella loro avventura sposando un progetto che voleva supportare le
aziende italiane che si apprestavano a internazionalizzare. Sono fiera del fatto che ci
siamo riusciti e rifarei quella scelta ogni giorno della mia vita. Ho sempre fatto di testa
mia, anche sbagliando, ma questa scelta l’ho condivisa con mio padre che mi ha
spinta ad osare e a divertirmi su un progetto molto affine al mio modo di essere.

C’è nella vita futura di Claudia Paoletti un altro sogno nel cassetto … oltre
alle teste da trovare e valorizzare?

Ce ne fosse solo uno di sogno nel cassetto … la mia famiglia, i miei colleghi ed i miei
amici mi definiscono un vulcano. Diciamo che sono più che convinta che, se non avessi
fatto la cacciatrice di teste e avessi fatto qualsiasi altro lavoro, sarei riuscita a creare
qualcosa di bello e a divertirmi comunque. Sono una alla quale piace tanto lavorare e
lasciare un’impronta in quello che fa.
Diciamo che ho trovato un’azienda e dei capi che non mi mettono freni e apprezzano
quello che faccio e le idee che porto e quindi i miei sogni nel cassetto sono ancora
molto legati alla mia attuale attività.

Seguo clienti diversi, di settori diversi, vedo tantissimi candidati, faccio tante attività di marketing e di networking e quindi riesco a colmare tutte le mie curiosità ed allenare la mia creatività senza bisogno di sognare qualcosa di totalmente diverso. Ho comunque una bella casa in campagna dove ogni
tanto penso di fare un bellissimo bed & breakfast.

Senza palla di cristallo, cosa vede però nel futuro dei suoi figli, in questo
mondo che è in continua evoluzione?

Io, a differenza di molti, non sono negativa sul futuro dei miei e dei nostri figli.
Secondo me questa generazione ha tantissimi talenti, hanno solo bisogno di essere
compresi ed è necessario capire il contesto del quale sono il frutto. Bisogna ascoltarli e
approcciarli in modo diverso ma non denigrarli.
Sicuramente il mondo che li aspetta sarà faticoso, dovranno lavorare moltissimo su
temi di ambiente e sicurezza, avranno una grande responsabilità. Le aziende però
saranno sempre più consapevoli di doverli pagare per il loro contributo, per attrarli e per trattenerli altrimenti rimarranno senza forza lavoro.

Insomma, non sarà facile ma vedo un mondo aziendale che sta cominciando a lavorare per accoglierli. Sono invece ancora molto scettica sul mondo scolastico che non sta reagendo e si sta muovendo
troppo lentamente su temi di approccio didattico e di orientamento. Spero vivamente
ci sia un’accelerata ed una presa di posizione più attuale per coinvolgere e appassionare questi ragazzi.

Orietta Malvisi Moretti

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