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Economia

Donne d’impresa: Chiara Tilesi, da Firenze a Hollywood contro il “gender gap”

Donne d’impresa: Chiara Tilesi, ra regista e produttrice cinematografica da sempre impegnata contro il “gender gap”.

Così giovane, ma così determinata ed eclettica la nostra regista e produttrice cinematografica Chiara Tilesi, fiorentina a Los Angeles. È lei che non a caso è anche la fondatrice di “We do it togheter”, organizzazione di produzione cinematografica no profit, dedicata all’empowerment delle donne e delle minoranze. Il suo impegno nel sociale e la sua intelligente gestione di cinema e media, sono gli strumenti per lanciare un forte messaggio di cambiamento nel mondo. La sua voce è arrivata anche presso le Nazioni Unite, con la produzione del film “Tell it like a woman”.

Premiata da Eugenio Giani Presidente della Regione Toscana per i suoi progetti significativi, come quello di “All the invisible children”, anche a Firenze, con il Pegaso delle Donne, non smette di stupirci per il suo straordinario impegno e la sua determinazione, tutti mirati a poter cambiare quel paradigma ormai obsoleto che ci mostrano i media – da sempre – a proposito del genere femminile.

Da Firenze a Hollywood

Donne d’impresa: Chiara Tilesi, da Firenze a Hollywood, regista e produttrice cinematografica contro il “gender gap” – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

E non è solo un’utopia, perché sta diventando sempre più un messaggio, il suo, che Chiara proprio grazie a “WDIT” porta avanti con coraggio e competenza in vari Paesi del mondo, a favore delle donne. Lei, spera che in futuro non ci sarà davvero più quel concetto sociale di distinzione fra i “generi”, perché saremo tutti considerati persone, con le stesse potenzialità e possibilità di espressione. L’Italia che è purtroppo nota alle cronache del mondo per l’alta percentuale di femminicidi, ha trovato in lei un’appassionata paladina che giovanissima, (18 anni) è volata da Firenze a Los Angeles, con la sua valigia piena di sogni per un futuro ed un mondo migliore.

Com’è nata e perché questa sua battaglia contro tanti pregiudizi e in particolare, contro il genere femminile?

L’oppressione delle donne è stata e purtroppo continua ad essere un fenomeno globale, radicato in diverse culture e società. La violenza contro le donne, in tutte le sue forme – fisica, psicologica, sessuale ed economica – è un problema trasversale che attraversa confini nazionali, economici e culturali.

Anche se alcuni Paesi possono presentare percentuali più alte di episodi di violenza o di discriminazione, è difficile identificare un luogo che sia completamente immune da questo problema. Le radici di questa oppressione affondano in millenni di disuguaglianze sociali, economiche e politiche, alimentate da strutture patriarcali e sistemi di potere che hanno storicamente relegato le donne a ruoli subordinati. In molti Paesi, questi sistemi di potere hanno sancito leggi e norme culturali che perpetuano l’inferiorità femminile, rafforzando stereotipi di genere e giustificando la violenza come strumento di controllo.

La sfida delle donne

È importante riconoscere che i livelli di violenza contro le donne possono variare enormemente da un Paese all’altro, influenzati da fattori come l’accesso all’istruzione, il livello di povertà, le politiche governative e la presenza o meno di movimenti femministi.

Ad esempio, in Paesi dove i diritti delle donne sono fortemente tutelati e promossi, come i Paesi scandinavi, si osserva una minore incidenza di violenza domestica e discriminazione rispetto ad altre regioni del mondo. Tuttavia, nemmeno queste società sono completamente libere da tali problemi.

Giovanissima, lei ha lasciato Firenze e la famiglia per studiare cinema a Los Angeles. Un’avventura difficile che si è trasformata in una vera “missione di vita”?

Ho lasciato Firenze a 18 anni con una visione chiara: diventare prima produttrice cinematografica e poi la vita come sempre ti regala delle sorprese e delle opportunità e cosi sono diventata anche regista. È stato un passo coraggioso, pieno di speranze, ma anche di sfide inaspettate. Il percorso che ho intrapreso, e che sto ancora percorrendo, si è rivelato essere estremamente impegnativo, tanto dal punto di vista professionale quanto personale.

Ogni tappa è stata una lezione di crescita, un’opportunità per imparare non solo sulla mia carriera, ma anche su me stessa. Trasferirmi in una metropoli come Los Angeles, con tutte le sue infinite possibilità ma anche la sua complessità, è stato un salto nel vuoto.

La distanza dalla mia famiglia, che per me è una parte fondamentale della mia vita, è forse la sfida più dura. Non averli vicini, nei momenti più difficili e in quelli di successo, richiede una forza interiore enorme. Lontano dagli affetti più cari, ci si rende conto di quanto sia importante il sostegno emotivo e quanto manchi quando non è a portata di mano.

Realizzare i propri sogni, soprattutto in un settore competitivo e impegnativo come quello cinematografico, richiede un lavoro costante e sacrifici inimmaginabili. Ogni giorno è una nuova sfida, una prova di dedizione e perseveranza. Ci vuole tenacia, resilienza e un’incredibile quantità di energia per superare gli ostacoli che si presentano.

Ma al contempo, è un percorso profondamente gratificante, che ti spinge a crescere, a spingerti oltre i tuoi limiti e a non mollare mai, perché la passione per ciò che fai rende tutto più sopportabile, anche i sacrifici più grandi.

Non è figlia d’arte. Come ha fatto, quindi, a diventare produttrice cinematografica?

Mia madre è sempre stata una figura centrale nella mia vita, non solo come madre, ma anche come artista straordinaria e fonte inesauribile di ispirazione. La sua forza interiore, la sua creatività sconfinata e la sua profonda spiritualità sono tre elementi che mi hanno influenzata profondamente e che porto con me ogni giorno.

La sua capacità di trasformare l’arte in un mezzo di espressione così potente mi ha insegnato a vedere la bellezza e il valore anche nei momenti più difficili. È stata una presenza costante, sempre pronta a sostenermi, e non posso immaginare di essere arrivata dove sono oggi senza il suo appoggio continuo. Il suo amore e incoraggiamento mi hanno dato la forza di inseguire i miei sogni, anche nei momenti in cui sembrava impossibile.

Essere una produttrice cinematografica è un lavoro estremamente complesso e spesso poco compreso. Non significa necessariamente avere risorse economiche enormi, come molti potrebbero pensare.

Il ruolo di un produttore o di una produttrice è molto più ampio: si tratta di mettere insieme ogni aspetto di un film, sia dal punto di vista creativo che finanziario. Bisogna trovare tutti i pezzi del puzzle e riuscire a farli combaciare, coordinando talenti, budget, tempistiche e visioni artistiche diverse.

È un lavoro che richiede molto sacrificio, determinazione, doti organizzative, intuito creativo e, soprattutto, una capacità di problem solving. In molti casi, è proprio il produttore a determinare se un progetto può prendere vita o meno, perché è lui o lei che deve trovare il modo di trovare i finanziamenti, superare ostacoli e barriere, mantenendo viva la visione del film fino alla sua realizzazione.

Non si sa nulla o quasi della sua vita privata. C’è l’ha? Oppure la sua vita fino ad oggi è davvero un film “working in progress”?

Credo fermamente che la vita privata, come suggerisce la parola stessa, debba rimanere privata. È uno spazio personale che preferisco proteggere e custodire, lasciandolo lontano dalla sfera pubblica. Mi sento molto più a mio agio quando parlo del mio lavoro, perché è qualcosa che scelgo di condividere e che mi rappresenta in modo professionale. Il lavoro è un aspetto che mi definisce, mentre la mia vita privata è qualcosa che desidero mantenere per me stessa.

Cosa ci dice dell’Intelligenza Artificiale? C’è un “Avatar” nei suoi prossimi progetti cinematografici?

Spero anche io che l’intelligenza artificiale possa rivelarsi un alleato piuttosto che un nemico, soprattutto nel mondo del cinema, dove sono previsti grandi cambiamenti. È indubbio che l’AI stia già trasformando molti aspetti della produzione cinematografica, dall’editing all’animazione, fino alla creazione di effetti speciali.

Tuttavia, credo fermamente che la creatività sia qualcosa di profondamente umano, qualcosa che nasce dall’anima e dall’esperienza di vita. L’intelligenza artificiale può essere un mezzo potente, uno strumento che ci permette di esplorare nuove possibilità e superare limiti tecnici, ma non potrà mai sostituire l’intuizione, l’emozione e l’unicità dell’immaginazione umana.

La sfida sarà trovare un equilibrio tra l’utilizzo dell’AI come strumento utile e il mantenimento di quel tocco umano che rende l’arte, e il cinema in particolare, così speciale. La tecnologia può facilitare il processo, accelerare la produzione o offrire nuove forme espressive, ma alla fine la visione e l’intento creativo rimarranno saldamente nelle mani delle persone.

 

 

 

Orietta Malvisi Moretti

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