Donne d’Impresa: Elcin Barker Ergun CEO di Menarini Farmaceutici, esperienza internazionale fra Turchia e Firenze.
Il Gruppo Menarini è una realtà davvero internazionale, con sede a Firenze. Presente in 140 paesi del mondo, con 3 miliardi di euro di fatturato e oltre 17.800 dipendenti. 9 centri di Ricerca & Sviluppo, con una produzione farmaceutica realizzata in 18 stabilimenti produttivi, in Italia e all’estero e nei 5 continenti, vengono distribuite 609 milioni di confezioni l’anno.
Grazie al Cavaliere del Lavoro Lucia Aleotti, azionista e membro del board, è stato promosso il prestigioso “Menarini Prize for Outstanding Woman Immunologist”, premio pensato per onorare le donne che sono emerse nel mondo scientifico, grazie alle loro ricerche.
Anche nell’ambito della formazione, il Gruppo Menarini ha saputo distinguersi dedicando un’importante attenzione per le donne, con il progetto “Formare per Fermare”, corsi di formazione per giornalisti che possano avere una vera consapevolezza nel diffondere notizie relative agli abusi e le violenze contro le donne. Sono loro che dovranno promuovere informazioni corrette, senza pregiudizi e mirate a cercare di sviluppare una cultura antiviolenza che possa essere d’aiuto per fermare questa piaga italiana, così dolorosa per tutti.
Oggi come CEO, al vertice dell’azienda, nel Consiglio di Amministrazione del Gruppo, insieme a Lucia Aleotti, c’è anche Elcin Barker Ergun che da 5 anni, (settembre 2019), è stata nominata Amministratore Delegato. Gli azionisti Lucia e Alberto Giovanni Aleotti hanno coronato la governance del gruppo farmaceutico con questa autorevole figura femminile dal profilo internazionale con l’obiettivo di ampliare la già acquisita internazionalizzazione aziendale.
Elcin Barker Ergun, che si presenta con grande modestia e stile, è un ingegnere informatico che ha studiato in Turchia, dove è nata, e in Francia, presso gli Istituti più prestigiosi. Master in Business Administration, ha anche frequentato la “Business School for the World”, Insead in Francia.
Con alle spalle una gavetta di eccellenza: 8 anni tra UK e Olanda, dove ha lavorato per aziende del settore tecnologico, Elcin Barker Ergun è approdata al settore farmaceutico, dove ha maturato con successo collaborazioni internazionali di Ricerca & Sviluppo.
Per conoscerla meglio e di più le abbiamo chiesto.
Una signora turca alla guida di un gruppo italiano così importante. Può raccontarci in breve la sua storia?
Ho studiato ingegneria informatica, mi sono sposata con un mio compagno di classe e insieme ci siamo trasferiti nei Paesi Bassi dove abbiamo lavorato a un IT Global Project per una grande azienda statunitense. Al termine di cinque anni fantastici ad Amsterdam, mi è stato molto chiaro che una carriera nell’IT non era qualcosa che mi sarebbe piaciuto proseguire.
Ho studiato business e gestione aziendale all’INSEAD in Francia. Lì mi sono laureata (e ho anche frequentato un corso di degustazione di vini della durata di sei mesi). Sono entrata in una grande azienda statunitense in Inghilterra dove ho lavorato con il vicepresidente per l’Europa del Nord e il GM per il Regno Unito. In questa azienda, a vocazione prevalentemente “ingegneristica”, la domanda più frequente che negli anni ’90, mi veniva rivolta quando venivo presentata come diretto collaboratore del mio capo, era se Maureen (la sua assistente) avesse lasciato l’azienda.
Mi è piaciuto molto quel lavoro attraverso il quale ho avuto la possibilità di dare il mio contributo su molti progetti che spaziavano dal marketing, alla produzione e alla supply chain. Quando mio marito ha ottenuto un importante ruolo di GM in un’azienda con sede in Turchia, ho chiesto al mio responsabile di poter essere trasferita lì. E alla fine – pur sconsigliandomelo – mi è stato proposto di diventare il CFO nella filiale turca, cosa che ho accettato di buon grado. Lì mi sono offerta di occuparmi anche dello sviluppo commerciale della stessa filiale, che era stata aperta da poco.
Così, dopo un breve percorso di apprendimento e di messa in ordine nell’ambiente iperinflazionato della Turchia, ho creato una nuova divisione aziendale (reclutamento di ingegneri meccanici), sfruttando l’ingresso della Turchia nel settore del gas naturale. Un passo, questo, che ha contribuito in modo significativo ad aumentare la redditività.
Racconto questa storia di solito nei discorsi che tengo agli studenti universitari: ho creato questa nuova divisione quando ero direttore finanziario dell’azienda, svolgendo quindi un lavoro di per sé molto impegnativo, e senza compenso extra, cosa che non molti giovani oggi sono disposti a fare. Per me, invece, si è trattato di un’ottima opportunità per dare un contributo molto più decisivo all’azienda, e attraverso il quale ho anche imparato come si gestisce una società.
Perciò, quando nel 1995 ho ricevuto un’offerta da un’azienda farmaceutica per avviare la loro filiale, per me è non è stato facile decidere. Il settore farmaceutico e “della salute”, però, è sempre stata la mia passione. Così ho fatto il passo che ha segnato l’inizio di un lungo viaggio che dura ancora oggi, grazie ad un lavoro che svolgo ogni giorno con immutato entusiasmo.
Questo viaggio mi ha portato a Dubai, in Germania e a Boston, a gestire Paesi, regioni e varie attività. Sono passata poi alla R&S e alla gestione di collaborazioni di ricerca, prima di approdare in Menarini nella splendida città di Firenze. Se posso riassumere la mia storia in una frase, posso dire che lavorare in così tanti Paesi, conoscere così tante culture, e coprire quasi tutti gli aspetti del business è stato un viaggio affascinante. Dall’IT alla finanza, dalle vendite, al marketing e alla produzione, fino alla ricerca e sviluppo, un percorso – questo – che credo mi sia stato molto d’aiuto nello svolgere il ruolo di CEO che Lucia e Alberto mi hanno affidato.
Oggi sono al mio sesto anno di attività come CEO, felice che gli obiettivi prioritari da raggiungere e che il nostro Consiglio di Amministrazione mi ha assegnato nel 2019, come l’ingresso negli Stati Uniti, l’ingresso nell’area oncologica e l’aumento della nostra capacità di innovazione, siano tutti in corso. Siamo tutti molto orgogliosi, infatti, di avere oggi la nostra “bandierina” Menarini a New York, con l’acquisizione nel 2020 di Stemline therapeutics, un’azienda biotecnologica con sede a New York che si dedica alle terapie antitumorali, e dell’approvazione di un farmaco per la cura del cancro al seno che ha portato la prima innovazione efficace per combattere una mutazione che può colpire fino al 50% delle pazienti in fase metastatica.
Grazie ad alcuni importanti accordi di licenza che completano questo percorso e ai nostri sforzi di R&S speriamo di dare ai pazienti altri farmaci oncologici assolutamente innovativi nella cura di questa malattia. Inoltre, grazie anche ad una partnership importante e mirata speriamo nei prossimi anni, di raggiungere gli stessi risultati anche per quanto riguarda le malattie cardiovascolari.
Nel frattempo, continuiamo a supportare milioni di pazienti in tutto il mondo con i nostri prodotti di alta qualità nei settori cardiometabolico, respiratorio, del dolore, gastrointestinale, OTC e in molte altre aree, in un’azienda con forti valori incentrati sulle persone e sulla nostra passione per i pazienti.
In Italia e forse anche in Turchia, poche sono le donne che si dedicano alle famose “materie STEM”. Lei perché lo ha fatto?
Come molti di noi, ho seguito le orme di mio padre, che era un ingegnere, anche se lui voleva che diventassi un’insegnante, dato che mia nonna era una maestra elementare. È interessante notare che, fino a quando non mi sono trasferita dalla Turchia, non ho mai pensato che l’ingegneria non fosse un lavoro femminile, dato che la nostra classe di ingegneria informatica era composta al 50% da maschi e femmine. Negli stessi anni in Turchia, l’ingegneria chimica era una scelta quasi esclusivamente femminile, con fino all’80% di ragazze in classe…
Nel corso degli anni, mi sono resa conto che questa educazione in un ambiente in cui non mi sentivo diversa dai “ragazzi” mi ha dato un certo “margine di manovra”, in quanto mi sentivo naturalmente a mio agio con tutti i generi, a ogni livello e in ogni Paese in cui ho lavorato.
Lei si considera una vera cittadina del mondo o ha nostalgia per il suo Paese di origine?
Sia io che mio marito e nostra figlia ci sentiamo veri cittadini del mondo! Se da un lato le nostre radici ci definiscono, dall’altro il tempo trascorso in Paesi molto diversi ci ha plasmato in tanti modi, sia per quanto riguarda la leadership che il cibo, la cultura, lo stile di vita e altro. In famiglia la nostra voglia di imparare, davvero, non conosce limiti: l’anno scorso mia figlia e mio marito hanno imparato il giapponese, mentre io mi sono concentrata sull’approfondimento delle mie conoscenze nelle aree scientifiche.
Il Gruppo Menarini ha fatto tanto per sostenere una vera “parità di genere”. Ci sono altri progetti futuri per incrementare ancora le iniziative che possano ridurre il “gap di genere”?
Un obiettivo importante per noi è stato quello di aumentare la percentuale di donne nei ruoli apicali, pur essendo convinti che ciò debba avvenire attraverso il merito e assicurandoci di agire davvero per avere “la persona giusta per il lavoro giusto”. Sono orgogliosa di poter affermare che in questo modo la percentuale di donne nella dirigenza della R&S ha raggiunto il 50%, in un settore in cui il soffitto di cristallo è purtroppo molto comune.
Gran parte del suo tempo è occupato dal lavoro. E il tempo per la famiglia e/o per gli hobby?
Lo sport è stato una parte importante della mia vita e infatti, mentre ero la migliore diplomata al liceo, ero anche nella squadra di pallacanestro e pallamano dove abbiamo vinto tre campionati nazionali. Molte delle mie pause pranzo erano occupate da intensi allenamenti in vista dei campionati e riuscivo a malapena a d arrivare puntuale alle lezioni pomeridiane.
Tuttavia, questo mi ha dato la possibilità di vedere il nord e l’est della Turchia da adolescente grazie a innumerevoli tornei. Forse in me primi semi di curiosità culturale sono germogliati a quell’età, dato che molti di questi viaggi significavano 24 ore di autobus in condizioni precarie. Ho poi giocato per lunghi anni a tennis, ho praticato per lunghi anni il Tae Bo fino a quando le mie ginocchia me lo hanno permesso. Inoltre non ho mai smesso di andare in bicicletta, una vera passione per tutta la vita, anche se non riesco ad affrontare le colline di Fiesole perché purtroppo non sono brava con la mountain-bike. Ho sviluppato la passione per l’arte molto precocemente, ereditandola da mia madre, e Firenze non poteva che essere il luogo migliore per riempire di bellezza ogni giorno il mio animo.
Infine, siamo una famiglia di esploratori, come si può immaginare dai molti Paesi in cui abbiamo vissuto, ma ci sentiamo anche fortunati ad aver avuto la possibilità di fare una spedizione con il National Geographic in Antartide 7 anni fa.
In realtà questa è la passione di nostra figlia, che l’anno scorso ci ha portato anche a partecipare ad una spedizione in Islanda e nella natura selvaggia della Groenlandia orientale. Il lavoro è davvero molto intenso, soprattutto il ruolo di CEO, e sicuramente negli ultimi anni il tempo per gli hobby è diminuito. Momenti di vita privacy, però, in cui possiamo trascorrere del tempo insieme come famiglia, sono molto importanti e forniscono nuove forze per affrontare un ruolo molto impegnativo che richiede una dedizione e un’energia continua in ogni momento.