Donne d’impresa – Erminia Caputo, Art director e Stilista del brand “Ermetique” (Napoli). Laureata in Giurisprudenza – ma solo per accontentare la famiglia – a ventidue anni, era già emigrata a Bologna, per sentirsi libera dai condizionamenti di casa. Mentre si laureava, infatti, ogni mattina se ne andava in sartoria… per imparare sul campo l’arte del cucito. Pur avendo la mamma che da quarant’anni è manager di Gucci, Erminia ha sempre avuto paura a rinchiudersi a lavorare in un’azienda, perché ha sempre temuto – in quel caso – di non essere libera di esprimere ed esercitare appieno la sua creatività.
Erminia Caputo ha affrontato una gavetta davvero singolare di esperienze. Da costumista di film, cortometraggi, video musicali, a consulente d’immagine e personal shopper per clienti privati. Da project manager dell’artista Alessandro Brighetti a vestiarista e stylist per Gucci a Milano, dove si è occupata di preparare i modelli e le modelle negli showroom milanesi, durante le campagne di vendita.
Dopo tanta fatica e con discrete competenze digitali e un ottimo uso dei social network, ecco oggi la stilista di grido. È Erminia Caputo che ha creato e ideato il marchio, la linea e l’immagine del suo brand “ERMETIQUE”. Non ha figli perché – dice – i vestiti sono i suoi bambini e pratica regolarmente anche la meditazione, per una sua profonda e mai sopita ricerca spirituale. La sua vera ambizione è quella di “riuscire a portare bellezza nel mondo” e ricorda con nostalgia e affetto sincero il suo vecchio maestro, conosciuto a Bologna nella sartoria “Il Bagatto”.
Lui si chiama Elder Fontanesi, e quando lei, ancora studentessa all’università, è approdata nella sua sartoria bolognese, ha capito immediatamente che quella dello stile e della moda sarebbe stato il suo vero percorso di vita. In questi ultimi tempi, anche ad Arezzo le sfilate di Erminia stanno avendo un certo successo: abiti lunghi, fantastici kimono artigianali di lana merinos con stampe e pezzi unici, che spesso cuce anche lei stessa. Il suo laboratorio e l’atelier, sono però a Napoli, dove è nata e dove si avvale dell’aiuto di alcune sarte fidate e diversi collaboratori.
Ci racconta anche della sua meravigliosa esperienza fatta all’inizio della sua carriera, con Sergio Rubini nel mondo del cinema, e dei suoi lavori di scenografia e costumi: pochi soldi qualche risata e moltissimi premi!
Per conoscerla di più, le abbiamo chiesto.
A cosa si deve il nome del suo brand “Ermetique”?
È una storia particolare, perché molti anni fa, quando ho iniziato quest’avventura, facevo delle t-shirt e degli abiti con delle stampe serigrafiche in bianco nero e oro. L’ispirazione, in quel periodo era un libro illustrato che si chiama proprio “Il simbolismo Ermetico” dove c’erano disegni antichi e bellissimi, dall’alchimia al surrealismo, alla magia, così iniziai a studiare Ermete Trismegisto ed ero molto attratta da questo sapere così universale e allo stesso tempo nascosto ed esoterico. Così poi, parlando col mio compagno di allora di come avrei potuto chiamare il mio marchio, venne fuori Ermetique… sembrava perfetto sia per l’assonanza con il mio nome, sia per il significato che per me ha quel fascino del tesoro nascosto, come di qualcosa di “non manifesto” ma tutto da scoprire. Se guardi bene il logo poi, c’è una stella a 8 punte, che rappresenta la stella di Ishtar chiamata in seguito stella di Iside e infine Venere. Ishtar essendo un pianeta, emana luce riflessa, la sua funzione è quella di “far risplendere la luce”, oltre a rappresentare la parte creativa e trasformativa dell’energia femminile.
“Parità di genere”. Lei che ha lavorato in settori così diversi, cosa può dirci a riguardo?
Nell’ambito della moda e dell’arte è naturale stare a contatto con altre donne, ma anche con uomini e devo dire che ho sempre sentito una certa parità. Poi, certo, i pregiudizi esistono; personalmente mi è capitato di avvertire in alcune persone il preconcetto che se fai un lavoro artigianale in generale, allora non hai un’intelligenza fine, cosa che non trovo per niente vera…conosco sarte molto colte che hanno avuto vite difficili e non si sono arrese.
Così ha fatto anche il mio maestro Elder (Fontanesi) che ha una cultura pazzesca e tanti interessi, oltre ad essere sempre stato politicamente impegnato. Poi sì, può capitare ogni tanto un certo sentore di cultura “machista” dove sei guardata con diffidenza se sei una bella donna e fai un certo tipo di lavoro: devo dire, però, che mi è capitato raramente. Nella nostra società il pregiudizio è ancora presente, figlio di una diseducazione di base, ma io sono un ottimista e credo che in questi tempi si è seminato tanto per arrivare ad una rivoluzione delle coscienze che, ne sono certa, avverrà.
Il suo motto è la creatività. Ma come la mettiamo con l’Intelligenza Artificiale? Ci potrà essere qualche servizio utile per lo sviluppo di un’azienda come la sua?
Certamente! Proprio in questi giorni ho partecipato ad una riunione molto interessante col mio collaboratore che si sta occupando del nuovo sito internet che sarà pronto a breve. Avevamo già discusso della possibilità di utilizzare un configuratore, cioè un software che permetterà al cliente che visualizza la foto del capo, di poter scegliere i tessuti con cui realizzarlo e vedere una sorta di preview del capo stesso.
Poi, attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, il cliente potrà fare l’ordine. A quel punto la I.A. si collegherà direttamente a noi in produzione e darà al cliente tutte le informazioni del caso: dai costi, al pagamento, ai tempi di consegna previsti. È qualcosa che non esisteva fino a qualche anno fa e trovo che sia stimolante, ma non sono d’accordo con chi pensa che l’A.I ci sostituirà. La mente umana è unica e irripetibile!
Dalla giurisprudenza al mondo della moda: cosa ne pensa oggi la sua famiglia delle sue scelte?
Oggi sono tutti felici di vedermi impegnata in qualcosa che sento mio e che mi fa stare bene. Soprattutto mia madre è molto importante per me… Lei è sempre stata una sorta di musa, tanti abiti sono nati per lei e poi sono stati inglobati nelle collezioni anche dietro suo consiglio.
“La bellezza salverà il mondo”: secondo lei, perché anche in tempi così difficili, (guerre, soprusi, femminicidi), continuiamo a crederci? Tutto merito della meditazione?
Bella domanda! Allora…In parte sì, c’entra anche la meditazione! C’entra nella misura in cui, ponendo ogni giorno l’attenzione a ciò che c’è dentro di noi, a quali sono i nostri movimenti interni, all’ascolto interiore, diventiamo responsabili di ciò che creiamo nel mondo. Ogni mattina quando esci di casa puoi decidere di nutrire tutte le bruttezze possibili, stando in una dimensione di critica, di giudizio continuo e di conflitto, oppure puoi nutrire la bellezza, partire da uno spazio di apertura verso gli altri, di scambio, di connessioni, di leggerezza. Non dico che è sempre facile, ma le pratiche meditative ti educano a questo ascolto e alla consapevolezza di te stesso e di quello che porti nel mondo. Nella quotidianità fatta di piccoli gesti avvengono miracoli se sai dove guardare!
Poi, tornando alla bellezza che salverà il mondo…L’artista è colui che indica, poi sta ai singoli individui coglierne o meno i significati più profondi.