Donne d’Impresa: Iolanda Giovidelli, la difficile impresa della cultura e formazione a scuola - Blitzquotidiano.it
Donne d’Impresa: Iolanda Giovidelli, la difficile impresa della cultura e formazione a scuola
Ormai il Dirigente Scolastico di oggi è un manager a tutti gli effetti. Infatti la scuola è una vera e propria realtà imprenditoriale dove il manager è il Dirigente che gestisce un budget molto importante, derivante anche da numerosi fondi europei (PON, PNRR); è organo di gestione, responsabile sia dell’efficacia ed efficienza del servizio agli utenti che dei risultati didattico-formativi ed organizzativi. Iolanda Giovidelli, non a caso, è anche nel Consiglio di Aidda Campania. Ha un figlio di 31 anni, che ha intrapreso la professione medica, lei, studiosa ispanista, per venti anni ha insegnato nelle scuole statali ed ha ricoperto incarichi nelleuniversità italiane. Da molti anni è il dirigente scolastico del Liceo “Quinto Orazio Flacco” di Portici.
Tanti i suoi contributi e la partecipazione ad importanti convegni sulla formazione e sul tema relativo al ruolo strategico della scuola nel territorio. Una passione, una scelta di vita, più che un lavoro. Simpatica, con un dono di empatia che suscita subito interesse in chi l’ascolta, ci parla delle tante competenze trasversali che è proprio la scuola ad attivare, anche se purtroppo – sottolinea – si parla tanto di formazione, senza mai citare che è la scuola la prima agenzia formativa, insieme alla famiglia. Lo sa bene Iolanda, cosa significa fare “formazione” ai ragazzi. E per questo ce ne parla lamentando, purtroppo, di non vedere mai, nella dovuta considerazione, il mondo della scuola con tutte le persone che vi operano ogni giorno, inclusi gli alunni.
Appassionata di teatro, Iolanda riesce a ritagliarsi un po’ di tempo per la palestra ma le letture per i romanzi gialli ed i thriller, sono la cosa che la rilassano di più. Altra sua passione è il cinema e, a proposito del discusso film “Parthenope” uscito di recente sui grandi schermi, ci confida di essersi meravigliata non poco per le critiche negative avanzate da quegli spettatori napoletani che si sono rifiutati di cogliere le suggestioni raccontate da Sorrentino.Tanto che dopo una settimana ha sentito la necessità di tornare di nuovo in una sala per rivederlo una seconda volta. Quando le parliamo è alla vigilia dell’ennesimo convegno che la vedrà protagonista nella battaglia a favore di una scuola migliore.
In quest’occasione, ci conferma di aver partecipato anche alla presentazione di diversi libri e non solo. Per esempio l’evento “Il Ruolo dell’Artificial Intelligence” l’ha vista protagonista fra i relatori, insieme a figure di rilievo del giornalismo e del mondo Accademico. A proposito del “suo” Liceo, il Quinto Orazio Flacco, (che di recente ha intitolato il Lab WEB-TV alla memoria del giornalista Franco Di Mare), Iolanda ci conferma che “ha profonde radici piantate nel contesto vesuviano ed ospita gli indirizzi classico, linguistico e delle scienze umane e fa dello studio del passato, della lettura del presente e della progettazione del futuro la sua mission educativa”.
Per conoscerla meglio e di più le abbiamo chiesto:
La scuola è maestra di vita, anche se purtroppo non viene mai riconosciuta come si dovrebbe. Lei cosa ne pensa?
Considero la scuola una cellula viva e dinamica, un punto di riferimento forte per i ragazzi: li accompagna dall’infanzia all’adolescenza, li prende per mano e cammina al loro fianco fino alla soglia della maturità. La scuola, dunque, agenzia culturale e formativa per eccellenza, ha il supremo compito di declinare i più alti valori umani in un processo educativo che alimenta e stimola l’intelletto dei ragazzi, le “celluline” grigie, per dirla alla Poirot. Ruolo più importante non c’è nella vita dei ragazzi, oltre a quello dei genitori. Eppure non occupa una posizione centrale e riconosciuta, anzi, spesso è massacrata dall’opinione pubblica ed è accusata di colpe che sono solo indirettamente sue. Da troppi anni osservo le incongruenze e le arretratezze del sistema scuola collegate ad un’evidente miopia nelle scelte e nelle decisioni politico-economiche, per questo mi sembra fondamentale rimettere la scuola al centro del dibattito politico e culturale perché rappresenta una palestra di preparazione alla vita.
Appare necessario costruire un ponte tra Università, mondo del lavoro e scuola, non solo nell’istruzione tecnica, che è stata recentemente oggetto di riforma, ma anche in quella liceale, dando nuova linfa ai curricoli scolastici, prediligendo saperi interdisciplinari, contestualizzati ed attualizzati e lo sviluppo delle soft skills, utili per muoversi con disinvoltura nel mondo adulto e professionale. Appare, quindi, fondamentale integrare i curricoli con quelle discipline,competenze e capacità utili ad affrontare test, colloqui, percorsi universitari e savoir faireprofessionale.
Validi, ma non sufficienti, a mio parere, i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (ex alternanza scuola lavoro), grazie all’intensa rete di partnership che tessono le scuole con soggetti diversi perché si configurano come progetti e non come organicamente fondanti i curricoli.
L’abbandono scolastico sta diventando una piaga, soprattutto al sud. Cosa pensa si potrebbe concretamente fare per risolvere o almeno arginare questo problema?
Negli ultimi tempi si sta facendo tanto, a livello normativo e procedurale, per arginare il fenomeno della dispersione, grazie soprattutto alla collaborazione tra le scuole e le politiche sociali dei comuni che intervengono direttamente ed efficacemente.
L’abbandono rappresenta la “punta dell’iceberg” dei processi di dispersione scolastica e viene spesso utilizzato come sinonimo di dispersione, anche se i due termini non sono perfettamente sovrapponibili. Ovviamente la questione è complessa perché i fattori che generano questi fenomeni sono di tipo educativo, culturale, sociale, psicologico, collegati di solito a situazioni di disagio socio-affettivo, di delinquenza, di deprivazione e a disparità territoriali e di genere.
Per ridurre il problema è necessario rendere la scuola più attrattiva, accogliente, anche nella parte strutturale e negli arredi, trasformare le scuole del primo ciclo in piccoli campus funzionanti da mattina a sera, dotati di mense, aule studio, aule multimediali, palestre, biblioteche, corsi pomeridiani di ogni tipo dove gli studenti possano leggere, giocare, appassionarsi ad un interesse, studiare, interagire con i coetanei e gli adulti.
In Italia la parrocchia sopperisce al vuoto istituzionale ed in alcuni casi genitoriale, soprattutto nelle zone isolate o in quelle dove il tasso di abbandono è più alto a causa dei livelli di criminalità. Bisogna rifondare la scuola, ridandole l’autorevolezza e la centralità che le è stata tolta, renderla bella e curata (molti edifici scolastici sono attualmente fatiscenti), ma per realizzare ciò, dalla costruzione e ristrutturazione degli edifici, con spazi idonei e sicuri, all’impiego di più risorse umane è indispensabile investire in modo appropriato e con obiettivi mirati sul sistema scuola.
Se lei non avesse avuto questa mansione di manager nella PA, come avrebbe pensato di “fare impresa”?
Mi piace pensare alla creazione di un’impresa che nasce e si espande in ambito culturale. La cultura, nelle sue molteplici forme, può rivelarsi, infatti, una leva competitiva per accedere al mercato e diventare un business profittevole. Rendere la cultura un progetto di impresa mi sembra molto stimolante. Penso alla creazione di una società che si occupi di turismo esperienziale e che progetti viaggi e soggiorni con un approccio immersivo ed emozionale.
Il viaggiatore si muoverebbe con i cinque sensi, abbandonandosi alle esperienze naturalistiche, culinarie, culturali e di vita quotidiana. Nell’ambito di quest’organizzazione mi occuperei della costruzione di reti con gli stakeholder territoriali per realizzare: itinerari legati ai sapori; eventi culturali multidisciplinari nei quali far convivere espressioni artistiche diverse, soprattutto diarti performative, letteratura, musica, in una sorta di contaminazione dinamica; itinerari antropologici, con rappresentazioni religiose e feste pagane; soggiorni del “fare” nei quali il viaggiatore imparerebbe a realizzare, ad esempio, manufatti nelle botteghe artigiane.
Le imprese culturali e creative rappresentano oggi una fetta importante in continua espansione. Negli ultimi anni, infatti, si sta assistendo ad un notevole cambiamento dei valori emergenti e degli stili di vita, derivanti anche dal consumo eccessivo dei social media,rendendo la domanda più varia e variabile ed in continua evoluzione. Tutto ciò rappresenta per le imprese nuove sfide ed opportunità da cogliere e trasformare, ovviamente, in business.
Il problema della mancanza di fiducia di certi genitori nei confronti degli insegnanti, genera una sorta di diseducazione, soprattutto nei giovani. Come rimediare?
Si è sgretolato il patto formativo tra scuola e famiglie ma i fattori sono legati a motivi sociali, educativi, culturali, economici. Sono cambiate le dinamiche relazionali all’interno delle famiglie ed i ruoli, rendendo tutto più evanescente, meno rigido ma più confuso e, per questo, disorientante per i ragazzi. Molti genitori oggi non sono in grado di educare i giovani all’assunzione di responsabilità e all’accettazione delle regole e dei “no”. Tutto è concesso ai giovani che, spesso, si ritrovano a non sapere come affrontare le scelte, le difficoltà, le crisi e gli insuccessi. I giovani hanno bisogno di rimproveri costruttivi ma anche di un ascolto attento ed attivo e di una presenza qualitativa.
Alla scuola è demandata in toto l’educazione dei giovani: inclusione, integrazione, riconoscimento del disagio in tutte le sue forme, rispetto per l’altro, per i ruoli e l’ambiente, riconoscimento dei contesti, educazione finanziaria, educazione all’effettività e ai valori fondanti, senso di legalità, socializzazione e tanto altro. I docenti si ritrovano, spesso, a ricoprire diversi ruoli e a sopperire ai “vuoti” educativi. Inoltre, perdendo la scuola, nell’opinione pubblica, il suo peso istituzionale, mettendola spesso sul banco degli imputati, si è persa l’autorevolezza di un tempo e la fiducia nei suoi operatori, i professori in primis, ai quali va riconosciuta una giusta dignità professionale e stipendiale.
Ha scelto l’insegnamento, anziché applicare le sue competenze linguistiche in altri settori. Da dove nasce questa sua passione per la formazione degli studenti?
Adoro i giovani, inoltre ho sempre avuto un grande interesse per la didattica, nel caso specifico la didattica delle lingue ed ho partecipato, in qualità di formatrice ministeriale, alle più importanti sperimentazioni in questo campo, sin dall’introduzione del “Quadro comune europeo di riferimento per le lingue” del Consiglio di Europa. L’insegnamento, la ricerca e l’innovazione hanno contraddistinto il mio lavoro dall’inizio della mia carriera, soprattutto come ispanista.
Mi affascinava il lavoro congiunto con i colleghi di lingue provenienti da tutto il territorio nazionale, ma ho cercato anche un confronto internazionale e continuo a perseguire, nella mia scuola, l’obiettivo dello scambio di buone prassi metodologiche ed organizzativo-gestionali, attraverso le attività di internazionalizzazione (colloqui professionali e job shadowing con scuole di altri paesi europei). Ho sempre sposato l’idea di un docente ricercatore pronto a mettersi in gioco, a riflettere sulla propria prassi didattica, ad osservarsi nella sua azione quotidiana e ad agire, modificando metodiche e modalità relazionali poco efficaci.
Un docente capace anche di entrare nelle “scarpe” dell’altro con un atteggiamento empatico e che riconoscesse i ragazzi nella loro unicità di persone. Come Dirigente credo in una scuola dove i ragazzi apprendano a camminare da soli, ad affrontare le sfide complesse della società, a scegliere consapevolmente il loro percorso futuro, a muoversi nei diversi contesti con competenza comunicativa, disinvoltura, senso critico, curiosità e capacità di analisi e di argomentazione.
Per questo, insieme ai docenti, faccio in modo che i ragazzi ricevano stimoli e opportunità, nell’ottica della qualità della formazione e dell’innovazione, anche grazie alle nostre dotazioni tecnologiche. I “nostri” ragazzi sono spigliati, preparati. Molti di loro occupano oggi posti di grande rilievo e responsabilità, anche all’estero, i “nostri”, quindi, sono genitori soddisfatti.
Un suo sogno ancora da realizzare?
Sono una persona dinamica e mi definiscono “vulcanica”, anche perché nasco e vivo all’ombra del Vesuvio. Ho vissuto a Parigi, a Salamanca e in Bretagna, ho viaggiato e lavorato anche all’Università, amo il mio lavoro. Sogno, in una seconda vita, di dedicarmi all’organizzazione di eventi culturali.
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