Donne d’Impresa: Mara Graverini, titolare di Glamour 153, superato il covid da Arezzo alla conquista del Giappone

Donne d’Impresa: Mara Graverini, titolare di Glamour 153 AR Precious Temptations.

Dal 2000 il settore orafo italiano, principale  esportatore  mondiale,  vive una crisi dopo l’altra, con il calo della produzione e dell’export. Gli orafi italiani,  abituati  a dominare i mercati mondiali hanno subito il problema di concorrenti dai costi più bassi come quelli di India, Cina e Turchia.

Le varie crisi economiche e l’elevato prezzo dell’oro hanno segnato profondamente questo settore. La caduta della domanda ha colpito, durante tutti questi anni, i gioiellieri,  i  creatori  di  pezzi  su misura ed i produttori di oggetti per  il  consumo  di  massa.

Oggi l’emergenza pandemica da Coronavirus ha ulteriormente abbattuto gli acquisti sui principali mercati export.

Ciò, per  effetto della sospensione delle attività produttive e commerciali. ha fatto sì che la domanda  mondiale di gioielleria nel corso del 2020 toccasse  il livello più basso degli ultimi 10 anni.

In questa situazione così precaria, abbiamo intervistato l’orafa Mara Graverini, titolare di Glamour 153 AR ad Arezzo. Non a  caso proprio  in questa città che insieme a Vicenza è il distretto più  importante  in  questo  settore,  molte aziende sono nate … ma davvero poche sono sopravvissute.

Mara Graverini è una grande donna alla guida di una piccola azienda. Ha saputo sempre distinguersi, ottenere il plauso internazionale anche dai giapponesi. E dallo stesso Bill Clinton,  durante una delle sue visite in Toscana.

Da 50 anni, quindi, fin da quando Mara era bambina, l’oro ha fatto parte della sua vita. La mamma aveva fondato l’azienda che poi, grazie a lei, è diventata un fiore all’occhiello della creatività e dello stile made in Italy.

Non a caso – infatti – Mara Graverini è stata per tanti  anni e ancora  continua  ad essere  anche la tesoriera “di ferro” di AIDDA Toscana. Grazie a lei ed alla sua pignolissima cura dei bilanci la Associazione delle donne imprenditrici ha sempre potuto ottenere un notevole successo. E sopravvivere  nel difficile mondo delle Associazioni no profit. Le abbiamo chiesto:

Come ha potuto sopravvivere con la sua azienda anche al lockdown? In tutti questi anni le aziende orafa di Arezzo si sono dimezzate per una crisi ad oltranza del vostro settore

Obbligati come tante altre aziende alla chiusura momentanea da lockdown,  mi  sono  detta: perché  non prendere questo tempo e dedicarsi ancora di più alla creazione di nuovi  modelli? Certo non c’era nessuno su cui  contare in azienda, per confrontarmi. Ma le idee che mi venivano in quel periodo di forzata inattività erano valide e avrebbero potuto svilupparsi, infatti,  per un prossimo futuro.

Per questo  ho rivoluzionato la produzione e creato nuovi modelli che inviavo on line ai clienti esteri per avere il loro feedback. Era un modo comunque  di  tenere ancora vivi i  rapporti, in attesa della “ripartenza”.

La cosa più bella in un momento di così grave crisi,  è stata infatti  mantenere il dialogo

Tramite Whatsapp con i diversi clienti  ci scambiavamo anche  le immagini dei dolci,  della pasta e delle nuove ricette che inventavamo per passare il tempo. Mentre eravamo così costretti chiusi in casa.  Ci scambiavamo persino le  immagini dei nostri  animali domestici, cani o gatti di famiglia grandi amici di sempre. È  stato anche questo un modo per   continuare a sentirsi vivi. Mentre tutti i giorni  sentivamo i bollettini dei morti da Covid.

Eravamo in guerra, una guerra invisibile e con  tante vittime  in tutto il mondo. Finalmente, grazie all’esperienza del vaccino con le conseguenti riaperture abbiamo potuto mettere in opera i nuovi modelli che avevo pensato.   

Incredibile ma vero:  sono risultati  un successo davvero inaspettato. Purtroppo  le fiere  del nostro settore  sono  state vietate, per ovvie ragioni  di sicurezza. Anche oggi sono ancora parzialmente accessibili perché  al momento non  siamo ancora  liberi dalla pandemia.

La richiesta dei nostri prodotti negli ultimi  20 anni è molta cambiata. L’oro è molto costoso e bisogna creare piccoli gioielli con fantasia e leggerezza. Per questo, ripensando alle nostre nonne che intrecciavano i fili di lana con i ferri da calza, è nata la mia nuova “catena – a – filo da – calza”.  Ci sta dando tante soddisfazioni.

Ora bisogna pensare al post Covid e a come trasformare il tempo perso in un futuro migliore, perché più creativo, con meno spreco e più sostenibilità. Le pietre sono oggi magicamente montate sempre con la maestria dell’artigiano e ci permettono la creazione di un prodotto particolare, assolutamente made Italy, unico nel suo genere che   esportiamo in tanti Paesi. Ci conoscono, infatti, in America, Giappone, Polonia, Spagna, Russia e Germania.

Da bambina, era questo quello che desiderava “fare da grande”?

Nata sotto il segno dell’Acquario, quindi creativa ma con una fantasia mirata al commerciale, a 19 anni mi  sono diplomata  in  ragioneria. In realtà gli studi di economia mi attiravano moltissimo e avrei preferito allora – forse – aprire  uno studio di commercialista.

Il senso del dovere verso l’attività fondata da mia madre mi ha riportato, però, ad orientare la mia vita sempre di più verso il settore orafo. E così la nostra azienda è anche cresciuta, superando i momenti di crisi terribili che hanno visto fallire tanti miei colleghi orafi. E – addirittura –  andando oltre alle più rosee aspettative che neppure io avevo osato immaginare. Sono sicuramente un’azienda artigianale ma di quest’aspetto ho fatto il mio  punto di forza che mi distingue da una produzione tipicamente industriale ma di fatto anonima.

Come ha potuto affrontare un mercato così difficile ed esigente, come il Giappone e l’Oriente?

È vero. Non conosco il giapponese e poco l’inglese. Sono molto radicata e orgogliosa della mia terra aretina e qualche volta un po’ scettica a mettere il naso oltreoceano. Però il Giappone mi ha premiata.

Prima del Covid, in tempi non sospetti, sono stata invitata là a Tokyo da alcuni clienti che hanno valorizzato enormemente la nostra produzione. Tanto da farmi sentire un piccolo genio per alcuni modelli che sono andati per la maggiore in quel mercato così difficile e particolare.

Sono stata invitata più volte dalla TV giapponese per l’originalità delle mie catene e ho fatto notizia. Per avere successo in Giappone servono:  serietà, precisione  e puntualità. E poi controllare bene il prodotto quando è finito prima della spedizione con un controllo qualità molto attento e scrupoloso.

Fantasia, serietà e rigore nell’organizzazione sono stati la mia arma vincente. Ora che il vaccino ha riaperto le frontiere psicologiche e logistiche, c’è una gran voglia di qualcosa di nuovo e per questo molti stanno puntando sul mercato del lusso. Io in verità punto  molto di più sui giovani che  non possono permettersi grandi monili. Ma che apprezzano anche le piccole cose che possono dare al loro vestire minimal un tocco di preziosa eleganza.

 Consigliper le giovani donne che vogliono diventare imprenditrici.

Ai giovani, e alle giovani donne in particolare, consiglierei questo settore solo se sono persone creative e disposte al cambiamento repentino della richiesta del mercato. La moda, lo sappiamo, in tutte le sue declinazioni può dare tante  soddisfazioni. Ma ci vogliono investimenti e lungimiranza. Non a caso anche la polvere d’oro, per noi è preziosa e non va sprecata.

 

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