Il sì della Merkel per Draghi alla Bce

ROMA – E’ ancora prematuro stappare lo champagne, ma Draghi sta già preparando le valigie per Francoforte. Un italiano siederà sulla poltrona più importante della Banca Centrale europea. L’ultimo ostacolo sta per essere rimosso: la Merkel ha pronunciato il fatidico sì, anche se ha preferito usare ancora il condizionale. L’intervista di oggi (giovedì 12 maggio) al quotidiano tedesco Die Zeit fuga gli ultimi dubbi. Che non erano pochi. In Germania nessuno vedeva di buon occhio la nomina di un banchiere centrale del sud Europa: il pregiudizio prevalente è che non avrebbe i requisiti di serietà e rigore attesi e non è abbastanza impregnato della cultura della stabilità. Inoltre, il vicepresidente è Vitor Constancio, portoghese, un altro sudista proveniente da un paese con l’acqua alla gola. Fino all’ultimo momento la Merkel, impegnata in diverse tornate elettorali, ha mantenuto la riserva. Il cavallo tedesco, l’ex governatore Alex Weber, s’era azzoppato da solo: troppo impulsivo per la carica. Chi non s’è ancora rassegnata è l’Olanda che con Jan Kees ha chiesto di rinviare la discussione formale sull’investitura di Draghi in programma la settimana prossima. La Germania si accontenterà di uno dei sei membri del board della Bce e probabilmente con la presidenza della Banca europea degli investimenti, azionista di maggioranza di quel Fondo europeo che fornisce capitali di rischio alle piccole e medie imprese e soprattutto offre garanzie a istituzioni finanziarie, per esempio le banche, a copertura dei loro prestiti.

L’Italia deve ritenersi soddisfatta, anche se non può e non deve aspettarsi chissà quali vantaggi o indulgenze. Il nostro candidato è autorevole e stimato in tutta Europa e il Paese si è dimostrato unito nel sostenerlo. Unione per una volta non di facciata, magari per eliminare in partenza un pericoloso rivale (l’unico?) di Berlusconi  alla presidenza del Consiglio. Ma quella della Bce è una poltrona che scotta. Il governatore della Banca d’Italia troverà una Bce alle prese con una delicata fase di crescente divergenza tra le economie dell’Eurozona. L’Istituto si trova a fare i conti con un grave contrasto tra stabilità dei prezzi e stabilità finanziaria. Dovrà tenere d’occhio l’inflazione strisciante e soprattutto dedicarsi anima e corpo al salvataggio dell’economia greca. Chiarezza e flessibilità dovranno guidarlo alla risoluzione del rebus Atene. Certo dovrà dimenticare la parolina “ristrutturazione”, ovvero fallimento per i bond greci, con la quale s’erano troppo baloccati i tedeschi, a costo di rimetterci loro per primi. In tempi ragionevoli, ma senza ultimatum e scadenze proibitive, dovrà prendere per mano il governo greco fino al momento in cui sarà in grado di adempiere ai propri doveri di debitore.

Draghi, non va dimenticato, ha avuto il sostegno di molte personalità tedesche con cui ha collaborato in passato. Attualmente alla guida del Financial Board of Stability, Draghi potrà lasciare dopo aver chiuso i dossier più urgenti.

Gestione cookie