FRANCOFORTE – Economia europea a rilento, Italia al pelo dello zero, + 0,1%, nel quarto trimestre 2015, un misero 0,7% su base annua, sotto il + 1% che tutti sognavamo, secondo i dati diffusi venerdì 12 febbraio 2016.
“deve essere chiaro che l’Italia è cambiata, è ripartita”.
“è più basso della previsione del Governo”.
“come si sa i decimali contano poco, l’importante è la direzione di marcia che è di crescita, dopo tre anni di profonda recessione, che è confermata e rafforzata nel 2016”.
“al Tesoro comunque si attende il dato finale, che viene diffuso a marzo, convinti che una correzione al rialzo sia possibile. Ci sono dati che potrebbero far pensare ad una sottovalutazione delle stime Istat nei periodi di crisi: nel 2015 i consumi elettrici hanno segnato un +1,5%, il gettito è andato bene, i passeggeri sui voli sono aumentati del 4,5%, le presenze negli alberghi del 2,2%”.
Dal mondo non arrivano segnali incoraggianti:
1. preoccupa lo stato di salute della economia della Cina, principale mercato delle esportazioni europee; le industrie italiane magari non esportano direttamente in Cina, ma forniscono componenti alle industrie tedesche che assemblano e poi esportano macchine utensili e impianti;
2. non sono buone le prospettive della economia Usa per crescita della produzione e della occupazione, tanto che potrebbero essere rinviati i previsti aumenti dei tassi di interesse;
3. se gli Usa non aumentano i tassi, il nostro euro potrebbe rivalutarsi contro il dollaro e le esportazioni dalla Europa potrebbero fermarsi.
Giustamente, Silvia Gasparetto scrive che
“è una professione di ottimismo, quella del Governo, non condivisa però dagli analisti, che parlano invece di dato deludente e sotto le attese, che con ogni probabilità porterà a una revisione al ribasso delle stime per il 2016, già in genere meno positive di quelle dell’esecutivo; (…) è dato da molti ormai per scontato che con il Documento di Economia e Finanza – che il governo presenterà ad aprile – il quadro macroeconomico dovrà essere ritoccato. Secondo i dati dell’istituto di statistica a pesare sulla bassa crescita congiunturale è “la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’industria” – con la produzione a dicembre che ha segnato un -0,7%, pur mantenendo un +1% sull’anno, primo segno più dal 2011 – e “di aumenti in quelli dell’agricoltura e dei servizi”.
Ed è la domanda interna (non solo consumi, ma anche investimenti e scorte) ad andare giù, mentre a trainare la crescita è l’estero. Al contrario della Germania.
Per completare il quadro, ecco la parabola dell’economia italiana, inquadrata nello scenario europeo dall’Ansa: dai ‘fasti’ del 2007 al baratro del 2009, passando per una ripresa bruciata nell’arco del successivo biennio. E poi la lunga recessione da cui il Paese è riemerso solo lo scorso anno.
I dati del Pil italiano, basati sulle stime dell’Istat, nella tabella che segue vengono messi a confronto con quelli dell’eurozona e dei principali Paesi europei.
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ANNO ITALIA GERMANIA FRANCIA SPAGNA GRECIA UK UE19
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2007 +1,5 +3,3 +2,4 +3,8 +3,3 +2,6 +3,1
2008 -1,0 +1,1 +0,2 +1,1 -0,3 -0,5 +0,5
2009 -5,5 -5,6 -2,9 -3,6 -4,3 -4,2 -4,5
2010 +1,7 +4,1 +2,0 0,0 -5,5 +1,5 +2,1
2011 +0,6 +3,7 +2,1 -1,0 -9,1 +2,0 +1,6
2012 -2,8 +0,4 +0,2 -2,6 -7,3 +1,2 -0,9
2013 -1,7 +0,3 +0,7 -1,7 -3,2 +2,2 -0,3
2014 -0,4 +1,6 +0,2 +1,4 +0,7 +2,9 +0,9
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2015 +0,6 +1,7 +1,1* +3,2* 0,0* +2,2 +1,6*
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* Stime previsionali dell’Ue uscite il 4 febbraio