Crisi, la scure di Fitch sul rating di portogallo e Ungheria

La crisi del debito non si ferma neanche davanti alle feste ormai imminenti, con Fitch che taglia il rating di Portogallo e Ungheria, quest’ultima nuovo, possibile focolaio che rischia di avere un merito di credito al livello di ”spazzatura”. Intanto il rinnovo del fondo di stabilità europea si trasforma in un braccio di ferro fra Parigi, che vuole un’unione di bilancio più forte, e Berlino che frena e promuove un fondo di stabilità europeo.

L’agenzia di rating, preannunciando nuovi scossoni sui mercati europei quando in molti ormai contavano sulla pausa natalizia, ha bocciato il debito portoghese tagliando il rating ad ‘A+’ dal precedente ‘AA-‘. Preoccupano – dicono gli analisti di Fitch – l’obiettivo di riduzione del deficit ”estremamente impegnativo”, con condizioni di finanziamento per banche e governo che si fanno più difficili.

Sempre Fitch, oggi, ha tagliato il rating ungherese a ‘BBB-‘, ultimo livello prima del ‘junk’, con una prospettiva ”negativa” che potrebbe presto precipitare l’Ungheria fra i Paesi così rischiosi da essere definiti ”speculativi”. Anche Moody’s, nei giorni scorsi, ha minacciato il declassamento del Portogallo, da molti dato per prossimo fronte della crisi.

Dopo il forte taglio del rating dell’Irlanda da parte di Moody’s e della Grecia da parte di Fitch (anche qui siamo vicini al ‘junk’), e con la Spagna a rischio downgrade, c’è solo da scommettere dove l’instabilità esploderà per prima. Mentre la Cina ribadisce la sua disponibilitad aiutare l’Europa (”siamo pronti ad aiutare” – dice una portavoce di Pechino – l’area euro è “importante”), è braccio di ferro fra Francia e Germania su come affrontare la crisi.

La Germania – anticipava stamani un articolo del Suddeutsche Zeitung – ha preparato un documento di lavoro che punta a un ‘Fondo europeo di stabilità e crescità da sostituire all’attuale fondo salva-Stati (l’Efsf) quando questo scadrà nel 2013. Un piano che ristabilirebbe l’indipendenza della Banca centrale europea affidando al Fondo, e non alla Bce, l’onere degli acquisti di titoli di Stato Ue in caso d’emergenza.

Prende così forma (in un documento non ufficiale, si è affrettato a precisare il ministero dell’Economia tedesco) il meccanismo permanente d’emergenza post-2013 che ha in mente la Germania: no alla cooperazione rafforzata sui bilanci fra gli Stati Ue, ipotesi ieri rilanciata dal ministro dell’Economia francese Christine Lagarde e che a Berlino evoca lo spettro di un sostegno finanziario degli Stati europei riconosciuto dai trattati: quella di un governo economico europeo è una ”cattiva idea” e non rappresenta un ”buon progetto”, ha detto senza mezzi termini il ministro dell’Economia Rainer Bruederle.

In molti, per la verità, sono pronti a scommettere che alla fine la crisi europea costringerà l’Ue ad affiancare all’unione monetaria una graduale unione di bilancio. La Francia potrebbe promuovere il suoi progetto il prossimo anno, quando presiederà il G20. Ma la Germania, motore economico d’Europa che ha tutto da perdere da una simile ipotesi, punta i piedi. Lagarde avrebbe dovuto parlarne oggi a Strasburgo con il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, ma ci si è messa di mezzo la neve: il vertice informale è saltato per maltempo.

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