L’innovazione è la strada che porta al futuro. Enel lo sa bene e ha fatto del suo impegno verso un’economia circolare un punto di forza. Il tema della Circular Economy è stato al centro di un incontro organizzato questa mattina a Roma dall’azienda leader in Italia nel settore dell’energia elettrica. Presenti all’evento, che ha avuto luogo in una cornice dell’eccellenza, l’Ara Pacis Augustae di Roma, il Presidente di Enel, Michele Crisostomo, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, senatore Adolfo Urso, Luigi Nicolais, presidente di COTEC, Ermete Realacci, presidente di Symbola. In collegamento web sono interventi anche Ami Appelbaum, Chief Scientist and Chairman del Board of the Israel Innovation Authority e Katia Da Ros, vice presidente di Confindustria.
“La circolarità di solito viene appiattita sul tema del riciclo dei rifiuti quando in realtà se la guardiamo anche nella sua genesi concettuale fin dagli inizi del nostro millennio ha a che fare innanzi tutto con il disaccoppiare le attività produttive e industriali da un lato e l’utilizzo delle risorse dall’altro”, ha spiegato Crisostomo. “Gli impianti devono avere la massima vita utile possibile e alla fine della vita utile deve esserci ancora del valore da ricercare attraverso la rigenerazione degli impianti”, ha sottolineato il presidente.
Infine, ci si preoccupa anche dei rifiuti e del loro riciclo. Ma, la circolarità “va guardata in termini di come va modificato il modello di business, partendo da un modello di economia lineare a un modello circolare. Occorre guardare l’intera catena del valore e al suo interno capire quali soluzioni adottare”. E’ importante che gli “impianti possano avere una vita compatibile con il fatto di preservare le risorse e il gruppo Enel ha adottato in maniera trasparente dal 2015 processi industriali sostenibili, che si poggiano su soluzioni di un’economia circolare”, ha aggiunto Crisostomo.
Senza una strategia unitaria tra politica, ricerca, industria e università non c’è una soluzione efficace ai problemi di sostenibilità. Ognuno deve fare la sua parte. Serve una “strategia Paese”. “L’Italia, avendo un sistema sociale industriale fatto in gran parte da piccole e micro imprese, più di altre nazioni deve avere una strategia Paese”, ha evidenziato il ministro Urso. Poi ancora: “Nell’epoca della deglobalizzazione in cui le imprese devono orientarsi in fretta rispetto a nuovi mercati, non è uno svantaggio o un handicap: è un vantaggio competitivo come dimostrano i risultati di questi mesi che hanno stupito gli osservatori internazionali”.
Per fare una strategia Paese è necessaria una politica industriale nazionale, all’interno di una europea e occidentale. “Ci dobbiamo attrezzare verso le minacce globali. Bisogna agire in fretta. L’Italia è stata marginalizzata ma ha un ruolo decisivo nello sviluppo del continente”. “C’è una musica nuova in Europa. Dobbiamo rispondere alla sfida sistemica cinese”, ha sottolineato il ministro. Bisogna puntare a un “utilizzo pieno delle risorse comuni in campo” e “la politica deve procedere di pari passo. Chiediamo all’Europa flessibilità”.
“Siamo un Paese povero di materie prime ma abbiamo costruito filiere più efficienti e prestazioni avanzate che hanno garantito competitività all’Italia”, ha detto Ermete Realacci. “Sta cambiando tutto e i giovani oggi hanno davanti a loro una sfida enorme. Quella che stiamo vivendo è soprattutto una rivoluzione sociale ed è il capitale umano al centro dell’attività industriale”, ha commentato Luigi Nicolais.
“Insieme al tema della sostenibilità, dobbiamo assicurarci di avere un’indipendenza dalle commodities e dalle tecnologie”, ha spiegato Katia Da Ros, specificando che “è necessario costruire delle filiere resilienti e sostenibili e anche competitive”.
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