Scaroni (Eni): “Valorizzeremo Snam”. E in Libia “continueremo a esserci”

ROMA – Eni “è pronta a valorizzare Snam”. Lo ha detto l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, intervistato dal Sole 24 Ore. Ecco cosa dice Scaroni: “Abbiamo portato a termine tutti gli ademplimenti relativi alla terza direttiva del gas”, ora Eni puo’ valutare “ogni opportunita’ di valorizzazione dell’asset”.

Il manager saluta il 2011, “un anno straordinario”, e spiega che in Libia i problemi sono stati risolti, e che si tornera’ cosi’ “alla piena capacita’ produttiva entro giugno 2012”, che l’accordo con Gazprom dovrebbe avere un esito “entro i primi mesi dell’anno”, e che l’Africa, e in particolare i giacimenti in Mozambico, Angola e Ghana, rappresentera’ “un asse portante della nostra strategia per i prossimi 20 anni”.

Nell’intervista, Scaroni ha spiegato cosi’ che per quanto riguarda la Libia,”siamo gia’ soddisfatti di aver recuperato l’80% della produzione, nessun altra compagnia c’e’ riuscita. E’ un risultato importante per noi che siamo di gran lunga il primo gruppo internazionale in Libia ma anche per il Paese che con l’avvio delle esportazioni puo’ contare su risorse fresche”.

Quanto invece al negoziato con la Russia, Scaroni si e’ detto convinto che “il negoziato con Gazprom non e’ facile ma confido in un esito entro i primi mesi dell’anno. Poi – ha proseguito – apriremo la trattativa con la Norvegia in primavera. Il mercato del gas che non e’ mai stato cosi’ turbolento sia sul fronte dell’offerta, cresciuta per lo shale gas americano, sia sul fronte della domanda europea depressa dalla congiuntura economica e da un inverno caldo”.

Quindi, l’ad si e’ detto “convinto” che “nei prossimi 10 anni i prezzi convergeranno e noi non dobbiamo da un lato prepararci a questo evento e dall’altro a sfruttare le opportunita’ che si creeranno. In quest’ottica le recenti scoperte di gas in Venezuela e Mozambico ci permetteranno di giocare la partita su tutti i mercati mondiali”.

Scaroni e’ inoltre “ottimista” in merito ai futuri sviluppi dopo le recenti tensioni tra Usa e Iran sullo stretto di Hormuz: “In primo luogo, non credo si voglia creare una crisi politica internazionale come non ne vediamo da qualche decennio. In secondo luogo per quanto riguarda Eni l’impatto sarebbe minimo in quanto solo una piccola parte del nostro greggio, quello proveniente dall’Iran e dall’Iraq, passa per lo stretto di Hormuz. Infine si verificherebbe un’impennata del prezzo del petrolio che certamente sarebbe l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento delicato dell’economia mondiale”.

Per l’Africa e’ stato “un anno eccezionale”: “Siamo i primi produttori d’Africa – ha spiegato Scaroni – da li’ viene il 60% della nostra produzione”. Il manager ha ricordato che “in Angola con il blocco 15.06, in Ghana con Sankofa e Gye Nyame e in Mozambico con Mamba che rappresentera’ un asse portante della nostra strategia per i prossimi 20 anni. La stima di 50 miliardi di dollari di investimenti e’ assolutamente preliminare, l’esplorazione del blocco non e’ ancora completata, mancano ancora quattro pozzi da esplorare e gia’ si parla di 22 tcf (638 miliardi di metri cubi) paragonabili a due anni di importazioni per l’intera Europa.

Libia

Il nuovo governo libico ha affermato che i vecchi contratti sul petrolio saranno da rivedere. Ovvero, le compagnie che finora avevano collaborato con Gheddafi, non stiano sicure che la collaborazione verrà confermata. La notizia era squillata come un campanello d’allarme per Eni.

Sulla questione Repubblica e Corriere della Sera hanno dato due posizioni discordanti. Repubblica ha preferito privilegiare le parole rassicuranti di Scaroni che dicevano più o meno questo: “Non vi preoccupate, per il 2012 è già stato trovato un accordo”. Il Corriere, che pure riporta le parole dell’ad di Eni, mostra invece un maggior allarmismo per la società energetica. Scrive Gabriele Dossena: “Al di là delle dichiarazioni di parte, è un fatto che sulla Libia si stiano concentrando le attenzioni di tutte le major petrolifere mondiali. E quasi a prevenire possibili rischi e a evitare brutte sorprese per l’Eni, si è mosso anche il primo ministro Mario Monti”.

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