L’idea di una nuova tassa sulle “pensioni d’oro“, che si accompagnerebbe al prelievo già inflitto dal mai compianto Governo di Mario Monti, meglio ancora se accompagnata da un nuovo aumento delle aliquote marginali, sta frullando nel cervello di qualcuno al Governo.
Ne ha parlato apertamente il ministro del Lavoro Enrico Giovannini:
“Ritoccare le pensioni d’oro è un elemento di giustizia sociale”.
Tutto fa pensare che si tratti di parole per andare sui giornali, che contribuiscono ad alimentare il clima di odio sociale molto sviluppato in Italia per effetto della recessione. Nessuno sembra avere calcolato il livello cui potrebbero arrivare le tasse in Italia con questa ultima misura.
Si devono trovare soldi, 12 miliardi di euro per sbloccare l’occupazione giovanile e evitare l’aumento dell’Iva e questa è la brillante idea venuta al ministro espressa una prima volta mercoledì 22 maggio:
“Nel momento in cui chiediamo sacrifici a tutti non si vede perché non includere anche ha pensioni molto elevate”. Tradotto: intervenire sulle pensioni d’oro “è una delle proposte che sono state fatte”.
Poteva appare più una boutade di demagogia di bassa lega per avere titoli sui giornali e alimentare speranze che non una proposta portatrice di crescita. Poi però l’idea ha fatto strada. Su Repubblica, venerdì 24 maggio, questa notizia:
“Ipotesi tassa di scopo anche per i redditi alti. Dalle pensioni d’oro 3 miliardi ai neoassunti”.
Nell’articolo, Valentina Conte scrive:
“Simulando un prelievo che va dall’1 al 5,5% — applicato con lo scalino di 0,5 punti su 10 fasce non solo di pensioni ma anche di redditi (dipendente e autonomo), la prima dai 60 mila euro, l’ultima sopra i 400 mila — si ricaverebbero 2,2 miliardi. Se lo scalino fosse di 0,7 punti, la tassa top sarebbe del 7,3% e il ricavato di 2,8 miliardi. Si andrebbe da un obolo di 8 euro al mese a 1.300-1.400 euro per ricchi e ricchissimi”.
Enrico Giovannini, prima di diventare ministro, era presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Istat, un ente pubblico. Enrico Giovannini quindi è uno statistico e non si capisce cosa c’entri col il ministero del lavoro se lo si considera messo lì in quanto tecnico, e anche se lo si considera un politico, che non è, perché ha passato la vita all’Istat e non a fare politica. Però ha saputo usare molto bene in chiave politica le statistiche prodotte dallo Istituto affidatogli.
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