ROMA – “I mercati non credono più alle promesse dell’Europa”: dopo l’ennesimo tonfo delle Borse europee, l’euro sotto 1,26 dollari, giusto in tempo per sanzionare l’ennesimo vertice infruttuoso dei leader politici, titoli e commenti sui maggiori quotidiani sono unanimi. I veti incrociati, la mancanza di visione e del sentimento di un progetto comune per far ripartire l’economia continentale e metterla al riparo della crisi, pesano più dell’incognita greca. Non siamo al 15 giugno, alla vigilia del decisivo voto/referendum di Atene: il nuovo capitombolo è coinciso invece con il vertice informale dei capi di Stato europei per discutere di crescita, di eurobond, di Bei, di project-bond, di Golden rule, di garanzia europea sui depositi…
Il fatto che i titoli di Stato periferici, tipo Spagna e Italia, scontino rendimenti altissimi mentre c’è la fila per rifugiarsi sul bund tedesco anche rimettendoci, suona come una bocciatura solenne dell’incapacità della politica di assumere le decisioni che servono. In Grecia e Germania i politici non riescono a far capire ai propri concittadini che la crisi non è colpa solo dell’altro, dello straniero. Federico Fubini sul Corriere della Sera segnala questa affinità paradossale. Gli elettori tedeschi non avvertono la crisi che incombe fuori dai loro confini meridionali, non capiscono perché dovrebbero essere loro a tirar fuori i soldi, mentre lo Stato, grazie anche alla crisi, si finanzia praticamente a costo zero e le imprese godono di un accesso al credito super avvantaggiato rispetto ai loro competitors.
Risanino, facciano le riforme, si tirino in piedi da soli, dicono: ma come? con le banche anemiche che non prestano, i risparmi che fuggono verso Berlino… Greci, ma anche italiani e spagnoli e francesi, vorrebbero che fosse la ricca Germania a tirarli fuori dai guai, che i tedeschi si accollino parte dei loro debiti. E’ su questo, ad esempio, lo stallo sugli eurobond (Hollande vuole spuntarla per vincere le elezioni legislative), o sugli euro-project bond, troppo simili per non sembrare un cavallo di Troia per gli eurobond. Il leader inglese Cameron, in difficoltà in patria, appoggia la Merkel sull’austerità per giustificare i tagli draconiani alla spesa pubblica. Ogni scadenza elettorale un nuovo tormento, si vota praticamente sempre, la campagna elettorale permanete blocca le decisioni.
Capiamole, valutiamole allora queste parole in bocca a politici ed economisti che al momento punteggiano un destino di veti incrociati e di immobilità decisionale. Il Sole 24 Ore ci aiuta a definire questo dizionario di parole chiave, sperando che alla fine servano davvero al rilancio dell’Euro e delle nostre economie.
BEI. Banca europea degli investimenti: bisogna rafforzarla, praticamente sono tutti d’accordo. Bisognerebbe dotarla di altri 10 miliardi. Si farà, non servirà a molto.
ESM. E’ il fondo salva stati nella sua definizione di strumento permanente. Ora l’Esf ha funzionato come pronto intervento: si vorrebbe elevarne la potenza di “firewall” a mille miliardi di euro. Si vorrebbe che agisse subito là dove si scopre il focolaio del contagio. Si vorrebbe che potesse ricapitalizzare le banche direttamente, senza passare per i governi (la Spagna ne ha un gran bisogno e urgente). Si vorrebbe dotarla di licenza bancaria in modo che possa attingere liberamente dalla Bce. Sarebbe una misura molto efficace, la Germania vi si oppone strenuamente. Difficile che si farà.
Eurobond. Titoli di Stato europeo garantiti dall’intera Eurozona. Tutti insieme, stretti intorno alla forza della Germania, i membri sarebbero mutualisticamente garantiti dai rischi di contagio della crisi di questo o quel debito sovrano. Troppo bello per essere vero, infatti non si farà, i tedeschi non ci stanno.
Euro Project Bond. Prestiti obbligazionari per finanziare progetti infrastrutturali. Sono d’accordo Parlamento e Consiglio Europeo. Emessi da società private con il sostegno di Bei e Ue inizierà piano (soli 230 milioni) ma dovrebbe innescare un effetto moltiplicatore che libererà energie di crescita per investimenti su reti, trasporti, energia, banda larga. Si farà, l’efficacia non è garantita al massimo.
Fondi Ue. Maggiori facilitazioni di accesso ai fondi comunitari per i paesi in difficoltà finanziaria. Non impatterebbe moltissimo, c’è abbastanza consenso, si teme che possano essere di nuovo sprecati o non utilizzati.
Garanzia europea depositi. Un sistema di garanzie europee sui depositi bancari per bloccare sul nascere le fughe di capitali all’estero dei paesi aggrediti dalla speculazione. Un materasso per disincentivare comportamenti irrazionali dei correntisti nel panico. Sarebbe molto efficace come misura, ma servono regole e controlli più stringenti per le banche. Serve un accordo politico difficile ancora da definire.
Golden Rule. Separare le spese per investimenti produttivi dal calcolo del deficit. Del tutto o in parte, almeno per un po’. Lo propone Mario Monti. La difficoltà maggiore sta nella definizione di investimento produttivo, definizione che valga per tutti i paesi. La proposta del deputato Pd Gualtieri in Commissione di scorporare i due quinti della spesa pubblica per investimenti produttivi non è passata per poco. Sarà riproposta in sede plenaria, dove ha maggiori possibilità di farcela anche per l’apprezzamento del socialista Hollande che ne ha parlato al vertice dei leader.