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Europa a Grecia: pagherai nel 2057. Era novembre 2014. Rivedremo mai i nostri miliardi?

di Warsamé Dini Casali |27 Gennaio 2015 16:56

Europa a Grecia: pagherai nel 2057. Era novembre…

ROMA – Europa a Grecia: pagherai nel 2057. Era novembre… Circa due mesi fa, a novembre 2014, Unione europea e Grecia hanno negoziato, senza che l’opinione pubblica ne venisse informata, una lunga dilazione dell’enorme debito da 245 miliardi di euro di Atene con i creditori nazionali europei: il termine del pagamento è stato fissato al 2057, fra più di 40 anni. Di più: fino al 2020 la Grecia non dovrà restituire un euro dei fondi stanziati dagli stati europei per salvarla dal disastro del default imminente nel 2009.

Significa che i nostri crediti, i debiti che Atene ha contratto con Roma, li rivedremo al massimo quando giungeranno le calende greche? Una parte del prezzo della vittoria di Alexis Tsipras rischiano di pagarla i contribuenti italiani, avverte il Giornale, dove Antonio Signorini paventa che “il compagno non paga i debiti. E l’Italia ci rimette 24 miliardi. Tsipras non onorerà il 60% del debito di Atene. Ecco perché l’Italia, che è esposta per 40 miliardi, ha poco da festeggiare”.

Tornando agli importanti impegni decisi a novembre, si scopre che l’onore maggiore nei confronti dei creditori a carico dei greci a breve e medio termine (da uno a 10 anni) ora è la spesa per interessi sui prestiti del Fondo Monetario Internazionale: per cui, se Alexis Tsipras – il nuovo capo del governo imposto dagli elettori greci proprio per le sue promesse di cancellazione/riduzione del debito – vuole ridurre o spalmare negli anni i suoi debiti, farebbe meglio a indirizzare la sua richiesta a Cina, Usa, Brasile, India ecc…

Sembra un  paradosso, ma le cose stanno così, segnala Federico Fubini, scoprendo il castello di omissioni sulla delicata questione del debito greco. Quello che ragionevolmente può chiedere Tsipras, in realtà la Grecia lo ha già ottenuto. Giustificazioni elettorali/opportunistiche spiegano a fatica il silenzio dei governanti. Non ne ha parlato Angela Merkel per non turbare il contribuente tedesco. Non ne ha parlato l’ex premier greco Antonis Samaras perché non voleva lasciare a Syriza il ruolo di unico antagonista coraggioso contro l’Europa affamatrice. Non ne ha parlato Hollande in Francia come Renzi in Italia.

Quella spalmatura delle scadenze con cancellazione dei pagamenti di questo decennio fa sì che la Germania, al solito, ora sia riluttante a fare di più. In realtà sarebbe possibile: per esempio una riduzione di 0,5% dei tassi sui prestiti bilaterali nei decenni futuri porterebbe un sollievo enorme. Ma come spesso nel gioco degli specchi fra Atene, Bruxelles e Berlino, il fuoco del negoziato non è dove tutti guardano. È altrove, nelle politiche di bilancio dei prossimi mesi.

Se il governo Tsipras accetterà di restare nei programmi della troika, enormi pagamenti dall’Europa lo aspettano fra due mesi: riceverebbe 15 miliardi dall’ultima tranche del piano di assistenza, dai profitti della Bce sui titoli di Stato greci che ha comprato e dalla gestione dei salvataggi delle banche. In contropartita però Bruxelles e Berlino chiedono a Tsipras di impegnarsi a una riduzione del deficit da quasi il 2% del Pil, rinunciando alle promesse di spesa che gli hanno fatto vincere le elezioni. Queste ultime valgono il 7% del Pil, come se l’Italia lanciasse un’espansione di bilancio da 120 miliardi o la Germania da 250 miliardi senza spiegare dove trovano le risorse. (Federico Fubini, La Repubblica)

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