X

L’Italia delle cento… storie di evasione fiscale

di admin |25 Gennaio 2012 14:25

L’Italia delle cento città… E quasi ognuna ha la sua storia di evasione da raccontare. Prendi Alessandria: in un paese della provincia una coppia aveva un autosalone. Gli affari andavano bene, se è vero che i due si spostavano in Ferrari o quando erano di cattivo umore in Bmw. Amati dai commessi di tutte le migliori boutique, uscivano carichi di buste griffate e meraviglie. Per riposarsi dallo shopping, vacanze ai Caraibi e alle Maldive. Chi l’avrebbe detto che la loro dichiarazione dei redditi era zero. Fino al 2008 avevano dichiarato guadagni da lavoratore socialmente utile. Dopo non hanno fatto più neanche quello. E l’Iva? Idem. Loro pagavano i fornitori in nero e sulle auto vendute il fisco non riceveva un euro di Iva. In totale avevano evaso tasse per 46 milioni di euro e Iva per 7,5 milioni. Sono stati loro sequestrati case, gioielli e orologi per 8 milioni di euro.

Un po’ più a nord, a Lugano, c’era un uomo che controllava tante società senza però risultare nel consiglio di amministrazione di nessuna. Né c’era un documento che potesse provare il contrario. Ufficialmente risultava aver fatto il consulente finanziario. Peccato che fosse stato radiato dall’albo della Banca d’Italia. Da buon “espulso”, era entrato in una sorta di clandestinità fiscale: aveva residenze in più città italiane. A ogni residenza corrispondeva un documento falso con un nome diverso. A Torino era Mario Rossi, a Milano era Giuseppe Bianchi. Ma non c’era traccia di lui su internet o nei vecchi elenchi telefonici. Era difficile anche stanarne gli illeciti: in alcuni casi la fatturazione era regolare, ma in altri non versava l’Iva. Alla fine è stata la Guardia di Finanza di Milano a “pizzicarlo”. A tradirlo è stato il solito tenore di vita, troppo alto per una persona ufficialmente inesistente. Sequestrati, nell’ordine: supervilla in Sicilia, yacht Ferretti 72, un paio di Porsche.

Si evade nei laghi fra le Alpi, si evade nelle Dolomiti. A Cortina d’Ampezzo erano in quattro: due artigiani, un idraulico, un agente di commercio. Specialità comune: non denunciare nulla al fisco. Mezzo milione di euro mai dichiarati. Eppure non si facevano mancare case, lussi, suv.

Rimanendo in Veneto, ma scendendo sul livello del mare, a Venezia c’era un ristoratore che emetteva regolarmente scontrini e fatture. E fin qui tutto bene. Peccato che poi scontrini, fatture e tutte le carte che avrebbero dovuto documentare il suo reddito finivano nel camino. Per quattro anni, dal 2007 al 2010, non aveva dichiarato nulla. Per le Fiamme Gialle il suo “nulla” erano 3 milioni di euro. Ora rischia da sei mesi a cinque anni di carcere per aver distrutto documenti.

Da una cartolina dell’Italia all’altra, a Firenze c’era un giovane fornaio che dopo aver denunciato il contratto d’affitto del locale, 24 mila euro annui, non ha più dato prova della sua esistenza fiscale: niente fatture, niente scontrini. Non poteva andare molto lontano, lui e i suoi 293 mila euro di tasse non pagate in tre anni. Rimanendo sempre in zona, in un paese della provincia fiorentina un artigiano che produceva fustelle metalliche per tagliare i pellami di borse e calzature non aveva mai pagato l’Iva. Eppure emetteva fattura, solo che poi l’Iva fatturata non la versava. Frugando fra agende, fogli e fogliettini nascosti in cassapanche e vecchi armadi i finanzieri hanno trovato 500 mila euro di ricavi non contabilizzati e 100 mila euro di Iva non versata.

L’Iva non veniva versata neanche da 37 imprese costruttrici ad Arezzo, specializzate in ristrutturazioni edilizie. Fatture regolarmente emesse e regolarmente cestinate. Evasi così in totale 65 milioni di euro.

Dai 37 di Arezzo ai 27 di Roma. In questo caso si trattava di tecnici della manutenzione caldaie. Revisionavano le caldaie ma quando rilasciavano il “bollino di conformità” dichiaravano importi di molto inferiori al fatturato. Un trucchetto col quale avevano “risparmiato” 5,3 milioni di tasse.

Il giro d’Italia si conclude a Latina dove un imprenditore aveva messo su sei aziende, tutte “allergiche” all’Irap e all’Ires, (6,5 milioni di euro non pagati) e all’Iva (1,2 milioni non pagati). L’imprenditore distruggeva la contabilità, strappava le fatture, bruciava i bilanci, non denunciava i redditi.

Scelti per te